00 03/03/2010 22:28
Domanda:

Le chiedo gentilmente un risposta in merito alla seguente situazione che provo a spiegare:
Ho una parte di interrato soggetta ai vigili del fuoco che è chiusa in tre lati ed è larga mt.5,1 e lunga circa 14 mt. Secondo le norme vigenti abbiamo chiuso con un basculante fino a circa mt.7,69 per realizzare un garage con una superficie non superiore a mq.40 e la restante parte davanti è esclusiva dello stesso garage.

Chiedo:

E’ possibile chiudere la restante superficie esclusiva con un cancello con grata, oppure quale soluzione potrei avere per chiudere la restante superficie in maniera tale che nessuno possa entrare senza violare le vigenti norme.


Risponde l’Ing. Giovanni Rezoagli, Comando Provinciale Vigili del Fuoco di Frosinone:

Il quesito non riporta elementi sufficienti a dare una compiuta risposta. Ipotizzando che il locale si trovi dentro un'autorimessa, costituente attività soggetta a controllo vv.f., e che solo da questa ne sia possibile l'accesso, la risposta al quesito formulato è negativa.

Infatti, il dm 1° febbraio 1986, norma di prevenzione incendi per le autorimesse e simili, prevede che i posti auto possano essere:

- a box, oppure
- a spazio aperto.

Gli spazi che entro l'autorimessa disimpegnano l'accesso e l'uscita dai posti auto sono le corsie di manovra.

La chiusura dello spazio antistante al box, equivale alla chiusura del tratto di corsia di manovra per l'accesso allo stesso, che non è ammessa dalla norma.

D'altra parte, anche per ragioni di sicurezza connesse alla possibilità d'intervento in caso d'incendio all'interno del box, l'accesso a questo non può essere sbarrato nel modo formulato nel quesito.



Domanda:

Di recente ho acquisito un'immobile con sottostante autorimessa (1° piano interrato) di circa 1400 mq (attività esercitata fino a 5-6 anni fa).
L'autorimessa ha un'unica rampa di accesso di circa 3m di ampiezza e un'altra uscita di sicurezza.
Vorrei trasformare tale autorimessa in box separati. Ferma restando la necessità di verificare nel dettaglio tutte le prescrizioni previste dalla normativa antincendio, e fare i necessari adeguamenti richiesti, quali potrebbero essere, a suo parere, i principali ostacoli normativi a tale trasformazione?


Risponde il Funzionario Luigi Liolli del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Roma:

Per quanto concerne la prevenzione incendi, le autorimesse sono disciplinate dalla norma pubblicata con DM 1.2.1986.
Tale norma, al punto 1.2.0. co. 2, stabilisce che per le autorimesse preesistenti o in fase di costruzione alla data di emanazione della norma medesima qualora non si realizzino ampliamenti di superficie e/o cambi di classificazione, possono essere applicate le disposizioni di prevenzione incendi in vigore alla data del provvedimento amministrativo comunale di autorizzazione a costruire.
La tua intenzione di realizzare box in luogo dei posti auto costituisce un cambio di classificazione e pertanto nell’adeguamento dovranno applicarsi integralmente le norme di cui al citato DM 1.2.1986.
I principali parametri di cui dovrai tenere conto nella applicazione di tale norma sono relativi a:
 isolamento
 altezza dei piani
 strutture dei locali
 comunicazioni
 compartimentazioni
 corsie di manovra
 accessi
 RAMPE
 pavimenti
 ventilazione naturale
 misure per l’affollamento di emergenza
 numero e larghezza delle uscite
 lunghezza percorsi di esodo
 impianti tecnologiciimpianti elettrici
 impianti idrici antincendio
 estintori portatili.

Per quanto concerne il tuo specifico quesito inerente le rampe, il punto 3.7.2 del DM stabilisce alcuni standard che di seguito ti riepilogo
Senso di circolazione Pendenza massima Larghezza minima Raggio di curvatura sul filo esterno
Unico 20% 3,00 m 7,00 m
Doppio 20% 4,50 m 8,25 m


Per via del cambio di classificazione non possono essere applicate le norme transitorie previste dal DM in questione (punto 11) le quali consentono che le autorimesse preesistenti possano essere servite da una unica rampa a doppio senso di circolazione di ampiezza non inferiore a 3,00 m con circolazione veicolare disciplinata a senso unico alternato mediante un semaforo.
Qualora la capacità di parcamento della tua autorimessa non superi i 40 veicoli potranno però essere applicate le disposizioni contenute nella lettera circolare emanata dal Ministero dell’Interno n° P1563/4108 sott.28 del 29 agosto 1995 riportate di seguito:


Decreto Ministeriale 1 febbraio 1986 - Criteri per la concessione di deroghe in via generale ai punti 3.2, 3.6.3 e 3.7.2
[…] Punto 3.7.2. – Ampiezza delle rampe.
Per le autorimesse oltre 15 e sino a 40 autovetture è consentita la realizzazione di una sola rampa di ampezza non inferiore a 3,00 m, a condizione che venga installato un impianto semaforico idoneo a regolare il transito sulla rampa medesima a senso unico alternato. […]


Se la capacità di parcamento della tua autorimessa dovesse essere superiore a 40 veicoli e non fosse possibile l’ampliamento della rampa, potrai avviare una procedura di deroga ai sensi dell’art. 6 del DPR 12.1.1998 n° 37, proponendo misure di sicurezza alternative atte a garantire un equivalente grado di sicurezza. Saluti.


Domanda:

Si chiede di conoscere quali norme ed obblighi ai fini della sicurezza antincendio (distanze da fabbricati e da confini, tipi di impianti antincendio ecc. ) bisogna osservare per la realizzazione di una tettoia
chiusa su tre lati per deposito di motociclette in attesa della loro commercializzazione in apposito locale di vendita distante dal deposito circa 40 m.
Si precisa che l'area scoperta su cui dovrebbe sorgere il deposito è di circa 200 mq ed è ubicata all'interno di un casamento urbano condominiale. Nell'attesa si ringrazia e saluta.


Risponde l’Ing. Antonio Albanese, Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco di Rieti:

Si premette che quando non viene posto un quesito di carattere generale, ma si cercano soluzioni per un caso specifico, è difficile fornire una risposta corretta ed esaustiva, in assenza di alcune informazioni e senza poter esaminare i relativi elaborati grafici. In tali casi sarebbe opportuno recarsi al Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco competente per territorio, dove sono presenti Funzionari Tecnici in grado di fornire tutti i chiarimenti necessari, tenuto conto anche della documentazione tecnica esibita.
Ciò premesso, la risposta al quesito formulato non può che essere di carattere generale.
Con riferimento al punto 0 del D.M. 1.02.86 (“Norme di sicurezza antincendi per la costruzione e l’esercizio di autorimesse e simili”), si definisce “autosalone” un’area coperta destinata all’esposizione e alla vendita di autoveicoli. Per “autoveicolo” s’intende qualsiasi veicolo o macchina munito di motore a combustione interna e, pertanto, rientrano in tale definizione anche i motocicli ed i ciclomotori.
Pertanto, nel caso in argomento, l’attività di che trattasi è, molto probabilmente, un autosalone.
Gli autosaloni rientrano tra le attività di cui al punto 87 dell’elenco allegato al D.M. 16.02.82, qualora la superficie lorda, comprensiva di depositi e servizi, sia superiore a 400 mq.
Premesso che, con Lettera Circolare prot. n. P713/4108 del 25.07.00, il Ministero dell’Interno ha introdotto un parametro di equivalenza tra autovetture e motocicli o ciclomotori nella misura di 1 a 4, la normativa tecnica di riferimento per gli autosaloni con un numero complessivo di autoveicoli superiore a 30 è costituita da quella contenuta nel D.M. 1.02.86, come previsto al punto 9 del decreto ministeriale stesso.
Per gli autosaloni fino a 30 autoveicoli, come precisato in più occasioni dal Ministero dell’Interno, vanno applicati i normali criteri di prevenzione incendi. In particolare, in questi casi il riferimento è costituito dalla Circolare n. 75 del 3.07.67 e dalla Lettera Circolare prot. n. 5210/4118/4 del 17.02.75.
Si soggiunge che, poiché per alcuni argomenti (come ad esempio l’impianto di rivelazione incendi e gli impianti di spegnimento) la Circolare n. 75/67 rimanda ai singoli Comandi la definizione delle specifiche disposizioni da attuare, si ribadisce quanto premesso sulla necessità di fare riferimento al Comando competente per territorio.



Domanda:

Se ci troviamo in un laboratorio di produzione in cui risulta installato un generatore di calore di circa 500 kw non utilizzato ai fini del riscaldamento dell’ambiente ma asservito al ciclo di produzione (ad es: per generare aria calda per l’asciugatura di pezzi o macchine lavabiancheria industriali) e alimentato a gas metano è sempre necessario rispettare quel punto del decreto specifico che prevede che il 15% del perimetro del locale sia attestato verso spazio a cielo aperto e se si quale pensate che sia la finalità?
Inoltre vi vorrei chiedere, perché spesso ci capita di doverlo applicare:
Quando ci troviamo nel caso di grandi potenze installate, come nel caso sopra descritto, si deve procedere sempre allo stesso modo per il calcolo delle aperture di aerazione permanente? Perché molto spesso ci si trova a dover mantenere aperte delle superfici enormi che causano, all’interno degli ambienti di lavoro, situazioni di forte disagio termico per i lavoratori . Andiamo spesso in contrasto con il Decreto L.vo 626/94.
Cosa ne pensate?


Risponde Luigi Liolli, Funzionario del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Roma:

Per prima cosa bisogna capire se gli impianti cui Lei fa riferimento sono inseriti in un ciclo di lavorazione industriale
L’art. 1 del DM 12 aprile 1996 (SOGU n° 103 del 5 maggio 1996) individua gli impianti che sono disciplinati dalla regola tecnica approvata con il DM medesimo e più precisamente:
Art. 1
Campo di applicazione
1 - Il presente decreto ha per scopo l'emanazione di disposizioni riguardanti la progettazione, la costruzione e l'esercizio dei sottoelencati impianti termici di portata termica complessiva maggiore di 35 kW (convenzionalmente tale valore è assunto corrispondente al valore di 30.000 kCal/h indicato nelle precedenti disposizioni), alimentati da combustibili gassosi alla pressione massima di 0,5 bar ed individua le misure di sicurezza per il raggiungimento degli obiettivi descritti nell'articolo 2:
a) climatizzazione di edifici e ambienti;
b) produzione centralizzata di acqua calda, acqua surriscaldata e/o vapore;
c) forni da pane e altri laboratori artigiani;
d) lavaggio biancheria e sterilizzazione;
e) cucine e lavaggio stoviglie.
[…]
E’ chiaro che i laboratori artigiani (lett c) e gli impianti per il lavaggio della biancheria (lett. d) rientrano nel campo di applicazione di tale norma.
Pertanto devono essere rispettati sia i parametri relativi alle caratteristiche della parete da attestarsi su spazio scoperto e/o intercapedine sia le caratteristiche delle aperture di aerazione permanente.
In questo caso, nella valutazione dei rischi per la salute dei lavoratori, poiché la riduzione del rischio d’incendio è disciplinato da una regola tecnica cogente, per quanto concerne il microclima dovranno essere individuate delle misure tecniche che consentano il mantenimento degli standard minimi previsti dalla vigente normativa.
Il disporre di una parete di sviluppo lineare non inferiore al 15% (ma in alcuni casi può essere necessario almeno il 20%) concorre al raggiungimento degli obiettivi primari della norma in questione che sono “relativi alla salvaguardia delle persone, degli edifici e dei soccorritori” . In particolare tale parete e la relativa superficie di aerazione servono per:
- evitare accumuli pericolosi di combustibile gassoso nei luoghi di installazione e nei locali direttamente comunicanti con essi, nel caso di fuoriuscite accidentali del combustibile medesimo;
- limitare, in caso di evento incidentale, danni alle persone;
- limitare, in caso di evento incidentale, danni ai locali vicini a quelli contenenti gli impianti.
Per i grandi impianti cui Lei fa riferimento, sempre all’art. 1 del citato DM, viene inequivocabilmente chiarito che
[…]. Non sono oggetto del presente decreto gli impianti realizzati specificatamente per essere inseriti in cicli di lavorazione industriale, gli apparecchi di tipo A, le stufe catalitiche, i nastri radianti e gli inceneritori. […].
In questo caso dovrà essere effettuata una attenta analisi del rischio che consentirà di individuare accorgimenti e soluzioni in grado di far conseguire gli obiettivi di cui sopra.
Non essendo questi casi disciplinati da una norma cogente, le innovazioni tecnologiche, le nuove frontiere del “fire engineering”, i modelli di calcolo validati da organismi riconosciuti anche a livello comunitario, consentono al professionista della sicurezza di sbizzarrirsi con analisi appropriate permettendogli di individuare (anche analiticamente) quelle misure che a parità di costo garantiscano un livello accettabile di rischio residuo. E’ chiaro che in mancanza di tali analisi i parametri dettati da una norma, pur se non direttamente applicabile, costituiscono comunque un valido riferimento.
Buon lavoro.


Domanda:

Buongiorno, volevo sottoporvi il seguente quesito:
Nel calcolo dei posti auto di un'autorimessa suddivisa in box, un box profondo 10 metri e largo 3 metri in cui verosimilmente andranno 2 autoveicoli uno in fila all'altro, conta come uno o due posti auto?


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

IL TUO BOX SVILUPPA 30 MQ. PERTANTO CON VETTURE PARCHEGGIATE IN PIANO DEVI CONSIDERARE NON PIU' DI UNA UNITA'. SE LA CUBATURA DEL TUO BOX SUPERA I 40 MC. (COME IO PENSO) PUOI PARCHEGGIARE ANCHE DUE AUTO A CONDIZIONE CHE UNA DI QUESTI SIA POSTA , CON DISPOSITIVO DI SOLLEVAMENTO , SOPRA L'ALTRA.
TI RIPORTO I RIFERIMENTI NORMATIVI:
3.3 Superficie specifica di parcamento.

La superficie specifica di parcamento non può essere inferiore a:

20 m² per autorimesse non sorvegliate;

10 m² per autorimesse sorvegliate e autosilo.

Nelle autorimesse a box purché di volume netto, per ogni box, non inferiore a 40 m³ é consentito l'utilizzo di dispositivi di sollevamento per il ricovero di non più di due autoveicoli. Saluti.



Domanda:

Premessa: In una struttura alberghiera con capacità massima di posti letto pari a 80 unità, si stanno realizzando dei lavori di adeguamento in riferimento alla normativa DM 09/04/94. La struttura è composta da un piano scantinato e da quattro piani fuori terra (in buona sostanza è uno delle ex strutture Motel Agip riconvertite circa dieci anni fa a nuovi proprietari).
Al piano scantinato è esistente in locale a se stante la Centrale Termica con potenzialità massima di kW 120 che da qualche anno è stata alimentata a gas metano, con accesso indipendente dall’esterno, tramite parete di intercapedine da mt 1,00.
Fra gli altri interventi previsti si dovranno ultimare i lavori di adeguamento dell’impianto elettrico alla L. 168 del 1° Marzo 1968.
Al piano scantinato in un vano tecnico si vuole posizionare il quadro elettrico generale che al fine di evitare pericoli di sorta sarà possibile in qualsiasi momento disabilitarlo (staccare l’energia elettrica generale) tramite pulsante di emergenza posizionato vicino alla zona reception che risulta sempre presieduta.
L’interruttore magnetotermico differenziale generale a monte di tutto il quadro è di 4x125 A. Tale quadro tramite linee dedicate alimenterà i quadri dei diversi piani e delle diverse zone della struttura.
Il vano tecnico dove sarà posizionato il quadro elettrico generale risulta comunicante da un lato direttamente con l’esterno tramite finestre poste nella parte alta di una parete con intercapedine superiore a mt 0,6 che si attesta superiormente su spazio scoperto (sopra vi è posizionata la griglia di aerazione permanente). Tale griglia di aerazione risulta a circa 40 cm sopra il livello del calpestio della quota zero del piano terra.
Nel vano tecnico sarà installato un impianto di rivelazione incendi ed inoltre lo stesso locale è fornito di un impianto di scarico acque reflue naturale che nel malaugurato caso di ipotetiche perdite di acque bianche o nere è in grado di far defluire in modo naturale l’acqua impedendo l’allagamento dei locali. Da precisare che la riserva idrica dell’impianto idrico antincendio non si trova nei locali del piano scantinato, ma è stata costruita una vasca a se stante nello spiazzale della struttura.

Si desidera conoscere:
1) è possibile mantenere la CENTRALE TERMICA alimentata a gas metano al piano seminterrato come previsto al TITOLO IV punto 4.1.1 e succ. della norma DM 12/04/1996 Approvazione della regola tecnica di Prevenzione incendi per la?.. degli impianti termici alimentati da combustibili gassosi ?
2) è possibile installare il QUADRO ELETTRICO GENERALE, con gli accorgimenti sopra descritti, al piano scantinato in virtù del fatto che al punto 9 Impianti Elettrici della norma DM 09 Aprile 1994 ?Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per a costruzione e l’esercizio delle attività ricettive turistico-alberghiere? le indicazioni dettate sono à Il quadro elettrico generale deve essere ubicato in posizione facilmente accessibile, segnalata e protetta dall’incendio ?


Risponde l’Ing. Antonio Albanese, Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco di Rieti:

Per quanto attiene il primo quesito, dalla sommaria descrizione fornita non si comprendono i dubbi avanzati. Qualora il locale in cui è ubicato l’impianto di produzione di calore risponda ai requisiti prescritti dal D.M. 12.04.96 nei punti 4.1.1 e 4.2.1 (ubicazione), 4.1.2 e 4.2.3 (aperture di aerazione), 4.2.2 (altezza del locale) e 4.2.5 (accesso), non vi sono motivi ostativi a mantenere l’impianto dove si trova.
Anche per il secondo quesito, non si comprendono le perplessità. Al punto 9 del D.M. 9.04.94 viene prescritto che il quadro elettrico generale sia ubicato in posizione facilmente accessibile, segnalata e protetta dall’incendio e questo significa che:
a) in posizione facilmente accessibile = il locale d’installazione non deve presentare particolari problemi di accessibilità (ciò non vuol dire che non possa essere installato al piano interrato, se questo era il dubbio);
b) in posizione segnalata = apposita cartellonistica ne deve indicare l’ubicazione;
c) in posizione protetta dall’incendio = il quadro elettrico generale deve essere posizionato in apposito vano costituente compartimento antincendio, nel quale non sussista un particolare rischio d’incendio per materiali presenti, utilizzazione, accessibilità anche a terzi non autorizzati, ecc.
Se tali requisiti sono rispettati, il quadro elettrico generale può essere ubicato dove previsto.
Si soggiunge che quando non vengono posti quesiti di carattere generale, ma si cercano soluzioni per casi specifici, è difficile fornire risposte corrette ed esaustive, in assenza di alcune informazioni e senza poter esaminare i relativi elaborati grafici. In tali casi sarebbe opportuno recarsi al Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco competente per territorio, dove sono presenti Funzionari Tecnici in grado di fornire tutti i chiarimenti necessari, tenuto conto anche della documentazione tecnica.



Domanda:

Occupandomi spesso di prevenzione incendi Le chiedo:

“In fase di rinnovo del C.P.I. è necessario, ai sensi dell’art. 4 del DPR 37/98, redigere una perizia giurata in modo da certificare l’efficienza e la funzionalità dei presidi di protezione attiva esistenti nell’attività in questione. Supponiamo, nella fattispecie, di avere a che fare con uno stabile ad uso civile nel quale risulta installata una rete di idranti.
La norma che regola la progettazione delle reti idranti è la UNI 10779, la quale, a seconda del tipo di impianto impone per ognuno di essi una serie di prestazioni in termini di portate e pressioni. Le domande che pongo sono le seguenti:
Il dichiarare, in fase di rinnovo, che l’impianto è efficiente e funzionante, equivale a verificare le prestazioni sopra citate, e cioè le portate e le pressioni per un certo tempo?
Se l’impianto è stato realizzato prima del 2001 (epoca in cui è stata pubblicata la UNI 10779) potrebbe accedere che lo stesso non rispetta i requisiti prestazionali citati dalla norma UNI 10779. In questo caso a quali prestazioni ci si deve riferire?


Risponde Antonio Pirri, Funzionario del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Frosinone:

Alla domanda di rinnovo del certificato di prevenzione incendi deve essere allegata oltre la copia del certificato di prevenzione incendi, la dichiarazione del responsabile dell'attività, redatta secondo il modello allegato decreto 04 maggio 1998 e resa, secondo le forme di legge, come atto notorio o dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, e l’attestato del versamento, una perizia giurata attestante l'efficienza dei dispositivi, dei sistemi e degli impianti finalizzati alla protezione attiva antincendi, con esclusione delle attrezzature mobili di estinzione, resa da professionista abilitato ed iscritto negli elenchi del Ministero dell'interno, ai sensi della legge 7 dicembre 1984, n. 818.

Tale perizia è redatta secondo il modello riportato in allegato 5 del decreto 04 maggio 1998 la quale prevede un sopralluogo tecnico per verificare la funzionalità e l’efficienza degli impianti di protezione antincendio; compreso le prestazioni idrauliche dell’impianto.

Se l’impianto è stato realizzato prima del settembre 1998 (data di prima emanazione delle Norme UNI 10779) si deve far riferimento alle caratteristiche idrauliche indicate nella documentazione tecnica ed alle eventuali prescrizioni del Comando VV.F. che ha approvato il progetto e che ha poi dato luogo, a seguito di sopralluogo, al rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi che si intende rinnovare.

Se l’impianto è stato realizzato dopo ago
Si allega uno stralcio del punto 9 delle Norme UNI10779.

Esecuzione del collaudo

Devono essere eseguite le seguenti operazioni minime:

- esame generale dell'intero impianto comprese le alimentazioni, avente come particolare oggetto la capacità e tipologia delle alimentazioni, le caratteristiche delle pompe (se previste), i diametri delle tubazioni, la spaziatura degli idranti/naspi, i sostegni delle tubazioni;

- prova idrostatica delle tubazioni ad una pressione di almeno 1,5 volte la pressione di esercizio dell'impianto con un minimo di 1,4 MPa per 2 h;

- collaudo delle alimentazioni;

- verifica del regolare flusso nei collettori di alimentazione, aprendo completamente un idrante/naspo terminale per ogni ramo principale della rete a servizio di due o più idranti/naspi;

- verifica delle prestazioni di progetto con riferimento alle portate e pressioni minime da garantire, alla contemporaneità delle erogazioni, e alla durata delle alimentazioni.

Per l’esecuzione dei suddetti accertamenti il progetto deve individuare i punti di misurazione che devono essere opportunamente predisposti ed indicati.

9.2.3 Collaudo delle alimentazioni

Il collaudo delle alimentazioni deve essere eseguito in conformità a quanto specificato dalla UNI 9490 tenendo conto delle indicazioni riportate nell’appendice A.

9.3 Esercizio e verifica dell'impianto

L'utente è responsabile del mantenimento delle condizioni di efficienza dell'impianto, che rimangono sotto la sua responsabilità anche esistendo il servizio di ispezione periodica da parte della ditta installatrice o di altro organismo autorizzato.
L’utente deve pertanto provvedere a quanto segue:

- sorveglianza dell'impianto;

- manutenzione dell'impianto in accordo alla UNI EN 671-3 e attenendosi alle istruzioni fornite dalla ditta installatrice;

- verifica periodica dell'impianto, almeno due volte all'anno, da parte di ditta o personale specializzato, allo scopo di accertare la funzionalità dell'impianto e la sua conformità alla presente norma.

L’utente deve tenere un apposito registro, firmato dai responsabili, costantemente aggiornato, cui annotare:

- i lavori svolti sull’impianto o le modifiche apportate alle aree protette (ristrutturazioni, variazioni di attività, modifiche strutturali, ecc.) qualora questi possano influire sulla efficacia della protezione;

le prove eseguite; i guasti e, se possibile, le relative cause; l’esito delle verifiche periodiche dell’impianto.



Domanda:

L'utilizzo di un impianto di riscaldamento per capannone, costituito da tubi radianti con bruciatori stagni con aspirazione dell'aria comburente e scarico dei gas combusti all'esterno, della potenzialità complessiva di circa 300.000 Kcal/h, prevede richiesta di parere preventivo e di successivo C.P.I. o non è soggetto?


Risponde il Vice Comandante dei Vigili del Fuoco di Latina, dott. Ing. Piero Simonetti:

Trattandosi di impianto con bruciatori interni al capannone di potenzialità complessiva superiore a 100.000 kCal/h (300.000 kCal/h) esiste l’obbligo da parte del titolare dell’attività di richiedere al Comando provinciale dei Vigili del Fuoco, competente per territorio, il rilascio del certificato di prevenzione incendi, ai sensi del D.P.R. 37/1998 e del D.M. 16/02/82, allegato, punto 91.
Per l’installazione in esame, tubi radianti, occorrerà far riferimento al D.M. 23/07/2001 modifiche ed integrazioni al decreto del Ministro dell’Interno 12 aprile 1996, relativamente ai nastri radianti ed ai moduli a tubi radianti alimentati da combustibili gassosi.



Domanda:

Vi scrivo per un chiarimento in merito alla circolare 91/’61 volevo avere un chiarimento sul copriferro di protezione delle armature e più precisamente: da dove si misura dall'asse delle barre d'armatura come previsto nell'eurocodice e nella norma UNI 9502-2001.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

OVVIAMENTE LA CIRCOLARE 91, ESSENDO STATA SCRITTA NEL 1961 NON ENTRAVA NEI PARTICOLARI IN MERITO ALLA MISURAZIONE DELLO SPESSORE DEL MATERIALE PROTETTIVO.
RITENGO CHE IN PRESENZA DI NORME RECENTI (EUROCODICI E UNI ) CI SI DEVE RIFERIRE A QUEST' ULTIME.



Domanda:

Possiedo ed utilizzo un posto auto all'interno di un'area privata, costituita in parte da box (posti sotto un fabbricato di civile abitazione), in parte da posti auto scoperti (all'interno di un'area privata antistante il suddetto fabbricato).

Questa area, oltre a contenere i posti auto (di propietà e segnalati con striscie a terra), costituisce via di accesso ai box e posti auto tramite due "stradine" con in testa due cancelli automatici su pubblica via.

Il fatto: almeno due condomini, da qualche tempo, senza rispetto innanzi tutto del loro prossimo, hanno preso l'abitudine di parcheggiare sovente le loro auto sui vialetti di accesso, limitando fortemente le possibilità di manovra e di accesso. Personalmente, non conoscendoli di persona, ho lasciato loro parecchi biglietti per richiamerli ad un comportamento consono ed affitto un cartello di Divieto di Sosta con un richiamo esplicito al DM 1/2/86, punto 3.6.3 (corsie di manovra) e 3.7.2 (raggio min. di curvatura rampe di accesso) ma pare questo non abbia sortito effetto!

La domanda: a chi mi posso rivolgere per, eventualmente, far sanzionare queste persone? L'Amministratore, oltre evidentemente a disinteressarsi del problema, non verrebbe certamente ascoltato.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

SE L'ATTIVITA' E' SOGGETTA AI CONTROLLI DA PARTE DEI VVF DEL LUOGO (AUTORIMESSA CON PIU' DI 9 AUTOVETTURE AL COPERTO) A QUEST'ULTIMI SI PUO' RIVOLGERE. CON CORDIALITA'



Domanda:

Abito in un condominio di 4 piani ed ho il garage sotto il condominio stesso (parcamento inferiore a 40 mezzi) nel mio garage ho posizionato un compressore d'aria per gonfiare le ruote di biciclette e per pulizie varie. Il compressoire è da 25 litri potenza 1 cv, acquistato recentemente in un centro commerciale e con regolare scontrino, marchio CE e certificati vari. Il condominio mi ha scritto di togliere il compressore medesimo dal garage perché può essere pericoloso. Cosa devo fare?


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

MANTENGA IL SUO COMPRESSORE PERCHE' LE E' CONSENTITO E PERCHE' LO STESSO NON PUO' COSTITUIRE PERICOLO ALCUNO SE UTILIZZATO CORRETTAMENTE. CERCHI DI TRANQUILLIZZARE I SUOI CONDOMINI MA RIVENDICHI UN SUO DIRITTO. CON CORDIALITA'



Domanda:

Relativamente ad uno stabilimento industriale di costruzioni meccaniche, che impiega oli minerali aventi capacità geometrica complessiva da 0,5 a 25 mc:
- sarebbe possibile stoccare i fusti di tali oli minerali (da 200 l/ cad),
inclusi quelli esausti, al di sotto di una tettoia esterna agli edifici in cui vengono utilizzati? (La distanza tre tale tettoia e l'edificio più vicino è pari a 8 metri).
- se sì, trattandosi di tettoia larga 2 m e lunga 48 m, sarebbe possibile collocare al di sotto di essa anche eventuali macchinari di riserva?


Risponde l’Ing. Alessandro Paola, funzionario del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Roma:

Con riferimento al quesito sottoposto, si comunica che i depositi di oli minerali sono disciplinati dal Decreto Ministeriale 31/07/1934 e successive integrazioni e modificazioni.
In particolare, relativamente alla questione evidenziata, si fa osservare che gli articoli 20-21 e 22 del citato decreto disciplinano la modalità costruttiva dei fabbricati ove è possibile installare un deposito di oli minerali che indicano l'impossibilità di installazione di un deposito di oli minerali sotto una semplice tettoia.
Tale modalità di installazione viene comunque riservata ai depositi di fusti in ambito portuale, secondo quanto indicato all'art. 47 del predetto decreto.
Va infine rappresentato e messo in evidenza che la manipolazione degli oli minerali all'interno degli stabilimenti va effettuata in conformità all'art. 75.
Rimane evidente, alla luce di quanto sopra specificato, che, nello stesso locale ove sono depositati oli minerali, non potranno essere parcheggiati altri automezzi, a meno che gli ambienti destinati al deposito degli oli minerali ed al parcheggio dei mezzi stessi non siano compartimentati con strutture tagliafuoco, come previste dall'art. 22.



Domanda:

Sono un termotecnico, e mi è sorto un dubbio sull' interpretazione del DM 12-4-96-. Dovendo dimensionare l' impianto del gas in un chiosco di piedine, con all' interno solo attrezzature di cottura con potenzialità 40 kW, mi è sorto un dubbio sulla superficie di aerazione .
Leggeddo il decreto ritengo che si debba adottare il criterio di S=10xQ quindi una superficie di 400 cmq, essendo il chiosco un locale fuori terra.
Chiedrei cortesememte un chiarimento a riguardo. Distinti saluti


Risponde l’Ing. Bernardo Lanzillotta, funzionario del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Roma:

L’aerazione dei locali di installazione di impianti cucina e lavaggio stoviglie è determinata dal punto 4.1.2 del D.M. 12/4/1996 e quindi dovrà risultare, nel caso descritto, non inferiore a:

S=Qx10=400 cmq



Domanda:

Ho acquistato un immobile in costruzione nel quale ho intenzione di realizzare un impianto di riscaldamento misto, a termocamino ad acqua e a caldaia GPL.
La caldaia verrebbe installata in un locale realizzato nella parte terminale di un'intercapedine. Il locale sarà separato dal resto dell'intercapedine da un muro (attraverso il quale passeranno le condutture idiriche di collegamento al termocamino) e comunicherà con l'esterno attraverso una porta a NORMA.
Devo seguire particolari accorgimenti per il rispetto delle norme in tema di sicurezza?


Risponde Antonio Pirri, Funzionario del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Frosinone:

Gli impianti termici, per quanto concerne l’aspetto antincendio, devono rispettare le regole tecniche contenute nelle normative specifiche qualora la potenzialità termica complessiva sia superiore a 30.000 Kcal/h (35 kw) :

D.M. 12/04/1996 Impianti termici alimentati a gas ( g.p.l. e gas metano)

D.M.28.04.2005 Impianti termici alimentati a combustibile liquido.

Per impianti alimentati a gas aventi potenzialità termica complessiva fino a 30.000 Kcal/h (35 kw) si applicano le specifiche norme UNI CIG.



Domanda:

Complimenti per la rubrica, scoperta per caso navigando.
Vorrei conoscere quando è necessario installare una rete idranti o naspi, in una attività soggetta al controllo dei Vigili del Fuoco.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

LA INSTALLAZIONE DEGLI IDRANTI O NASPI SI RENDE NECESSARIA IN TUTTE QUELLE ATTIVITA', SOGGETTE AL RILASCIO DEL CPI, IN CUI UNA SPECIFICA NORMATIVA LO PREVEDE ( COME PER ESEMPIO LE SCUOLE, GLI ALBERGHI, GLI OSPEDALI , ECC) OVVERO PER QUELLE ATTIVITA', QUANTUNQUE SOGGETTE AL CPI E NON NORMATE, DOVE UNA VALUTAZIONE DEL RISCHIO INCENDIO NE SUGGERISCE L'INSTALLEZIONE (AD ESEMPIO UNA FARMACEUTICA, UN DEPOSITO DI 5000MQ. CON MATERIALE COMBUSTIBILE SUPERIORE A 50KG. LEGNA STANDART/MQ). CON CORDIALITA'.



Domanda:

Sto acquistando un nuovo appartamento con box di pertinenza; l'edificio è addossato ad una collina con a monte l'ingresso degli appartamenti e a valle l'ingresso ai box, sottostanti agli appartamenti, che quindi non risultano interrati ma a livello stradale.

Ho notato che le serrande dei box non hanno aperture di ventilazione, sono pannelli completamente chiusi (almeno all'apparenza!) e, siccome i box non hanno finestre, mi chiedevo se questi box risultano a norma o meno, visto che dalla lettura del D.M. 01/02/1986 mi pareva che l'areazione fosse obbligatoria.

Può aiutarmi a sciogliere questo dubbio? Devo pretendere un serramento con aperture di areazione o questo potrebbe andare bene?


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

LA NORMA RIPORTATA PREVEDE L'AEREAZIONE ANCHE PER I BOX ANCHE TRAMITE LA SERRANDA DI ACCESSO.
CON CORDIALITA' ING. LUIGI ABATE

3.9. Ventilazione.

3.9.0. Ventilazione naturale.

Le autorimesse devono essere munite di un sistema di aerazione naturale costituito DA aperture ricavate nelle pareti e/o nei soffitti e disposte in modo DA consentire un efficace ricambio dell'aria ambiente, nonché lo smaltimento del calore e dei fumi di un eventuale incendio.
Al fine di assicurare una uniforme ventilazione dei locali, Le aperture di aerazione devono essere distribuite IL più possibile uniformemente e a distanza reciproca non superiore a 40 m.

3.9.1. Superficie di ventilazione.

Le aperture di aerazione naturale devono avere una superficie non inferire a 1/25 Della superficie in pianta del compartimento. Nei casi nei quali non é previsto l'impianto di ventilazione meccanica di cui al successivo punto, una frazione di tale superficie -non inferiore a 0,003 m² per metro quadrato di pavimento - deve essere completamente priva di serramenti.
Il sistema di ventilazione deve essere indipendente per ogni piano.
Per autorimesse sotterranee la ventilazione può avvenire tramite intercapedini e/o camini; se utilizza la stessa intercapedine, per consentire l'indipendenza Della ventilazione per piano, is può ricorrere al sezionamento verticale o all'uso di canalizzazione di tipo "shunt".

Per Le autorimesse suddivise in box l'aerazione naturale deve essere realizzata per ciascun box. Tale aerazione può essere ottenuta con canalizzazioni verso l'esterno o con aperture anche sulla corsia di manovra, prive di serramenti e di superficie non inferiore ad 1/100 di quella in pianta del box stesso.



Domanda:

Sono cortesemente a richiederle un chiarimento relativo alla richiesta del certificato di prevenzione incendio.Abito in una pallezzina con 10 unita’ abitative,nel piano semi interrato abbiamo 12 box x ricovero auto con accesso diretto da spazio a cielo aperto,in riferimento al Decreto ministeriale 01/02/1986 ricadiamo nelle norme di sicurezza del punto 2 o al punto 3?(in poche parole dobbiamo dotarci di un impianto per la separazione di liquidi infiammabili dalle acque residue?tengo a precisare che all’interno dei box non viene svolta nessun’altra attivita’ se non quella di ricovero auto)iRingraziando x l’attenzione, certo di una Sua risposta porgo cordiali saluti.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

IL MINISTERO INTERNO HA CHIARITO, CON APPOSITA NOTA, CHE SE ALL'INTERNO DELLA AUTORIMESSA NON SI SVOLGONO ATTIVITA' DI LAVAGGIO - AUTOVETTURE NON OCCORRE L'IMPIANTO DI SEPARAZIONE DELLE ACQUE REFLUE. SALUTI.



Domanda:

In alcune camere di un albergo preesistente alla data del 9 aprile 1994 ho constatato che i materassi dei letti non sono di classe 1 IM come previsto nel decreto 9 aprile 1994 “Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la costruzione e l’esercizio delle attività ricettive turistico-alberghiere” all’art. 6.2 “reazione al fuoco dei materiali” lettera e), ed art.19.2. “Reazione al fuoco dei materiali” che testualmente cita : È richiesto il rispetto del punto 6.2 con esclusione della lettera e) relativamente ai mobili imbottiti.
Per mobili si intendono tutti quegli oggetti che sono elementi di arredamento dell’abitazione. I materassi, a mio avviso, non sono elementi di arredo.
Per quanto su esposto, per una attività alberghiera preesistente alla data del decreto sopra citato i vecchi materassi devono essere sostituiti con quelli certificati 1 IM di reazione al fuoco?


Risponde l’Ing. Antonio Albanese, Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco di Rieti:

Per le attività ricettive esistenti alla data di entrata in vigore del D.M. 09.04.94 è previsto, al punto 19.2, il rispetto del punto 6.2, con l’esclusione della lettera e) relativamente ai mobili imbottiti.
Poiché il punto 6.2, lettera e), prescrive che “i mobili imbottiti ed i materassi devono essere di classe 1 IM”, l’esclusione prevista al punto 19.2 si riferisce ai soli mobili imbottiti, rimanendo invece l’obbligo per i materassi.



Domanda:

Ho un sito produttivo dove svolgo il trattamento del carbone (antracite e coke metallurgico). Le attività sono quelle di macinazione, vagliatura, essiccazione, separazione in polveri di diversa pezzatura. Il materiale arriva normalmente in pezzature da 30-40 mm, con umidità relativa del 10-12%. A seguito di trattamenti di macinazione, essiccazione e vagliatura si raggiungono pezzature fino da 90 micron a 250 micron con stoccaggio in silos.
La mia domanda è, dovendo adeguare gli impianti alle regole di prevenzione incendi, come devo intervenire sui classici silos verticali?
La mia preoccupazione sta nel fatto che, dall'esperienza questo tipo di polveri non si incendia direttamente se esposto ad una fiamma (premesso che non vi siano frazioni in nube o strati) , ma in alcuni casi (carbone fossile) si può ossidare e dare fenomeni di autocombustione.
Per arrestare l'ossidazione l'unico metodo che ho sperimentato è lo spandimento in starti sottili su terreno libero ai fini di raffreddarlo ed arrestare il fenomeno di autocombustione.
Alcuni "tecnici antincendio", o presunti tali, mi dicono di realizzare un impianto a doccia all'interno del silo che se ho un fenomeno di autocombustione possa essere fatto intervenire così da bagnare il materiale, ma io temo che l'immissione nel silo di acqua mi comporti una produzione violenta di vapore con un rischio di esplosione.
Alcuni mi chiedono di istallare degli impianti di spegnimento a co2, "senza però considerare" che per i grossi volumi in gioco essi vengono a costare un patrimonio senza probabilmente garantire un risultato sicuro.
Io pensavo di dotare il silo di un portello inferiore con comando di apertura a distanza che una volta azionato mi consentiva di scaricare il materiale per poi poterlo trattare con lo spandimento. Come misura cautelativa inoltre avrei disposto un attacco per immissione a doccia di acqua o altro estinguente da parte dei vigili del fuoco in prossimità degli impianti nel punto di estrazione.
Naturalmente i silos sono dotati di adeguato impianto di messa a terra e protezione contro le scariche atmosferiche (silos all'aperto).
Cosa pensate in proposito?


Risponde l’Ing. Antonio Albanese, Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco di Rieti:

Si premette che, poiché per tale tipo di attività non esistono norme di prevenzione incendi specifiche, non è possibile individuare una soluzione univoca, ma è necessario studiare il problema caso per caso, confrontandosi con i Funzionari Tecnici del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco competente per territorio.
Ciò premesso, mi permetto di esprimere qualche perplessità sulla soluzione proposta. Trattandosi di materiale pulverulento, non credo sia difficile immaginare cosa possa accadere una volta aperto il portello del silo, oltre alla maggiore pericolosità conseguente alla miscelazione con l’aria.
Personalmente continuo a preferire un impianto di spegnimento ad acqua ad azionamento manuale all’interno del silo, non preoccupandomi l’eventuale produzione di vapore, la cui pressione può essere tenuta sotto controllo tramite appositi ed appropriati dispositivi di sicurezza.