00 03/03/2010 22:27
Domanda:

Esistono circolari o normative specifiche per l'installazione di silos per combustibili solidi tipo biomassa per l'alimentazione automatica di caldaie maggiori 35 kW di potenza? Trattasi di sistemi di alimentazione a coclea.
Ho trovato un circolare (lettera ministeriale n° 16250 del 27-11-2000) che specifica i dispotivi di sicurezza per silos non inferiori a 50 mc, esiste qualcosa per silos più piccoli?


Risponde il Vice Comandante dei Vigili del Fuoco di Latina, Dr. Ing. Piero Simonetti:

Per i silos per combustibili solidi tipo biomassa dedicati all’alimentazione automatica di caldaie superiori a 35 kw di potenza non esistono riferimenti specifici dal punto di vista della prevenzione incendi.

Esistono riferimenti normativi di prevenzione incendi che riguardano gli impianti termici alimentati a combustibili solidi nel loro complesso; tali riferimenti sono la Circolare del M.I. n° 52 del 20/11/82 ed il D.P.R. 22/12/1970 n° 1391.

La Circolare n° 52 del 20/11/82, al punto 5.0, recita quanto segue:
“… omissis …Per gli impianti termici alimentati con combustibili solidi in attesa della emanazione dell'apposita normativa secondo le modalità previste dal D.P.R. 29 luglio 1982, n. 577, potranno essere applicati criteri di sicurezza analoghi a quelli previsti per gli impianti alimentati a combustibili liquido (Circolare n. 73 del 29 luglio 1971) per quanto concerne l'ubicazione, le caratteristiche costruttive, le dimensioni, gli accessi e le comunicazioni, le aperture di ventilazione. Restano inoltre valide e applicabili le norme contenute nella "Legge antismog" n. 615/66 per gli impianti esistenti alla data dell'8 luglio 1968 i cui locali devono essere adeguati soltanto in occasione di trasformazioni, di ampliamenti o di rifacimenti dei fabbricati o degli impianti (tabella annessa al Capo V del D.P.R. 24 ottobre 1967, n. 1288 valida ai sensi di quanto previsto al punto 17.1 del D.P.R. 22 dicembre 1970, n. 1391). In tali casi è pertanto consentita la coesistenza del deposito del combustibile solido nel locale del focolare con gli opportuni accorgimenti…omissis ..”

E’ appena il caso di ricordare che gli impianti di potenzialità inferiore a 100.000 kcal/h, qualunque sia la capacità del relativo serbatoio, non sono soggetti al rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi. Dovranno comunque essere osservate le norme tecniche vigenti, sotto la responsabilità del titolare dell’attività, sia per il serbatoio che per il generatore di calore.



Domanda:

Vorrei sottoporre un caso relativo alla richiesta o meno del certificato prevenzione incendi.

1° Quesito
Una azienda di Autodemolizione, possiede un capannone pavimentato di oltre 1000mq per deposito di materiale ferroso di vario genere, ma è completamente aperto su due lati e chiuso sugli altri due.
La mia domanda è, questo capannone rientra sotto l'attività n.88 "Locali adibiti a depositi di merci e materiali vari con superficie lorda superiore a 1000 mq" ??

2°Quesito
Nella stessa Autodemolizione, occorre tener conto del quantitativo di plastica, gomma, gasolio o benzina, nel conteggio dei relativi quintali presenti in azienda, e dunque conteggiabili per verificare se l'azienda rientra nelle attività

n.55
"Depositi di prodotti della gomma, pneumatici e simili con oltre 100 q.li"

n.58
"Depositi di manufatti in plastica con oltre 50 q.li"

n.15
Depositi di liquidi infiammabili e/o combustibili (*):
a) per uso industriale o artigianale con capacità geometrica
complessiva da 0,5 a 25 mc
b) per uso industriale o artigianale o agricolo e privato, per
capacità geometrica complessiva superiore a 25 mc

La ringrazio molto per l'interessamento,
inoltre le faccio i miei complimenti per il servizio che date.


Risponde l’Ing. Giulio Bendetti del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Latina:

E' parere del sottosritto che il capannone sopra rappresentato è da considerarsi a tutti gli effetti un LOCALE è pertanto in quanto avente superficie superiore a 1000 mq rientrate nell'attività 88 .
Oltre a questo occorre verificare se non vengono espletate altre attività soggette al rilascio del Certificato di prevenzione incendi valutando in particolare le tipologie e la quantita dei materiali in deposito c( att. 55,58,15).
Inoltre si suggerisce di verificare la presenza e la quantità di olii lubrificanti in deposito poichè, se superiore a 1 mc, rientra nell'attività 17.
A tal proposito si precisa che nella quantificazione del materiale in deposito, si deve conteggiare il materiale eccedente a quello che viene giornalmente lavorato.
Con la speranza di essere stato utile si saluta cordialmente.



Domanda:

Buon giorno, mi piacerebbe sapere quali norme devono essere soddisfatte per lo stoccaggio di bombole di Ossigeno sanitario presso una residenza per anziani. Attualmente la struttura oggetto del mio interesse mantiene in deposito un numero compreso di bombole tra 5 e 20 unità. Pertanto vorrei sapere se:
E' obbligatorio un deposito esterno?
Se si, quali caratteristiche deve avere il deposito?
Essendo la struttura in possesso di CPI (luogo di lavoro classificabile a rischio di incendio elevato come da Allegato IX punto l-) lo stesso dovrà essere aggiornato?
E' necessario separare le bombole piene dalle vuote?
Grazie anticipatamente per l'attenzione che presterete al quesito.


Risponde l’ing. Bernardo Lanzillotta, Dirigente Sezione Caricamento e Colonna Mobile del Comando Provinciale di Roma:

Deposito bombole di ossigeno presso una residenza per anziani

La risposta ai quesiti posti può essere data sulla base di quanto previsto da:
• D.M. 18 settembre 2002 “Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l'esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private”;
• Lettera Circolare Prot. N. P805/4122 del 9 giugno 2005 “D.M. 18 settembre 2002 – Uso di bombole di ossigeno per necessità terapeutiche”.

Il decreto prevede:
• per le attività nuove (punto 5.3.2) la distribuzione dei gas a mezzo di impianti centralizzati;
• per le attività esistenti (punto 17-comma 2) “su specifica autorizzazione dell'autorità sanitaria competente, è consentito che la distribuzione dei gas medicali avvenga mediante singole bombole” sotto l'osservanza di una serie di prescrizioni.

La Lettera Circolare di cui sopra ha esteso anche alle strutture nuove l’uso delle bombole “per contingenti necessità terapeutiche il tutto previa l’adozione di opportune misure cautelative in relazione alle specifiche circostanze di impiego delle bombole stesse”.

In base a quanto sopra detto ubicazione, caratteristiche del deposito e relativa gestione dovranno essere oggetto “di specifica trattazione nel documento di cui all'art. 4 del decreto legislativo 626/94 (valutazione dei rischi).
Per quanto riguarda l’aggiornamento del Certificato di Prevenzione Incendi, ciò è previsto solo nei casi contemplati dall’articolo 4 del D.M. 18 settembre 2002.



Domanda:

Sono un termotecnico, mi trovo costretto a installare due caldaie di potenzialità inferiore ai 35 Kw all'interno di una singola unità abitativa. Una caldaia è installata a piano terra, l'altra al piano primo. Quindi mi trovo ad avere due impianti distinti, le caldaie sono posizionate in ambienti non attigui, ma l'unità immobiliare è unica. Leggendo il DM 12-04-96 articolo 1 mi è sorto il dubbio di non poter fare questo tipo di installazione. Vi ringrazio per il servizio e attendo un vostro chiarimento.


Risponde l’Ing. Antonio Albanese, Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco di Rieti:

Il punto 2 dell’art. 1 del D.M. 12.04.96 prevede che più apparecchi termici alimentati a gas di rete sono considerati come facenti parte di un unico impianto (di portata termica pari alla somma delle portate termiche dei singoli apparecchi) nel caso in cui siano installati nello stesso locale o in locali direttamente comunicanti (a parte i casi di esclusione previsti nel successivo periodo).
Nel caso in questione, poiché le due caldaiette verrebbero installate in due differenti piani di una unità abitativa, se ne può dedurre che non risulterebbero situate né nello stesso locale, né in locali direttamente comunicanti e, quindi, le portate termiche non si sommano.
F


Domanda:

Ho realizzato un capannone industriale di circa 1650 mq. di superficie destinato alla lavorazione, trasformazione e commercializzazione di prodotti ortofrutticoli.
La struttura è realizzata con pilastri in acciaio zincato annegati nella muratura e in copertura ci sono delle capriate in acciaio zincato.Il capannone inoltre è diviso, per una parte, in due piani comunicanti con una scala e attraverso un montacarichi. Il solaio di divisione è in latero cemento (pignatte, caldane, e cemento spessore circa 50 cm.).
L'altezza complessiva del capannone è circa 10metri.
Come può essere considerata tale attività ai fini della prevenzione incendi?
Se rientrasse in una qualche attività le strutture portanti in accaio (pilastri e capriate) sono da verniciare con vernici intuminescenti?
Complimentandomi per la Vs. bella iniziativa volta a divulgare pillole di conoscenza in un mare di leggi e normative non sempre facilmente interpretabili, attendo fiducioso Vs. cortese riscontro.


Risponde il Funzionario Luigi Liolli del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Roma:

Per prima cosa bisogna capire se la sua attività è soggetta all’obbligo di richiesta del certificato di prevenzione incendi (CPI).
Infatti il regolamento di prevenzione incendi, pubblicato con DPR 12 gennaio 1998, n° 37, sancisce l’obbligo di richiesta del CPI solo per le 97 tipologie di attività elencate nel DM 16.2.1982.
Orbene, dalla sua breve esposizione non ci è consentito capire con esattezza se ed a quale tipologia di attività soggetta a tale obbligo il suo esercizio sia assimilabile. Provo a fare delle ipotesi per giungere comunque ad una risposta al quesito iniziale circa il grado di resistenza al fuoco che devono possedere le strutture.

In nessuna delle 97 attività di cui al DM 16.2.1982 compare quella della lavorazione e della trasformazione di prodotti ortofrutticoli eccezione fatta per quella elencata al n° 9:
“9) impianti per il trattamento di prodotti ortofrutticoli e cereali utilizzanti gas combustibili. Da quello che ci è dato capire appare abbastanza improbabile che nel suo capannone si eseguano trattamenti di questo tipo (essiccazione, accelerazione della maturazione con C2H2 ecc).

Invece non è escluso che nel suo immobile si detengano quantitativi di legname superiore a 50 q.li (per esempio cassette per il contenimento della frutta ). In tal caso potrebbe prefigurarsi l’esercizio dell’attività di cui al n° 46 del sopra citato DM. In merito a ciò la invitiamo comunque ad effettuare una attenta valutazione sui quantitativi di legname eventualmente depositato e/o detenuto.

Sicuramente l’esercizio di vendita (all’ingrosso e/o al dettaglio) svolta in locali aventi superficie lorda superiore ai 400 mq, comprensiva dei depositi, fa ricadere l’attività tra quelle di cui al n° 87 del DM 16.2.1982.

Tra tutte le attività citate, l’unica per cui esiste una specifica norma di prevenzione incendi è quella di vendita, disciplinata dalla circolare n° 75 del 3.7.1967. Giova rammentare che tale disposizione nasce pensando più che altro ad unità di vendita quali supermercati, empori, grandi negozi ecc. Tant’è che nel corso degli anni i vari Comandi provinciali VVF (tra cui quello di Roma) hanno emanato disposizioni integrative a tali dettami.
A tal fine La invito a contattare il Comando provinciale nel cui territorio di competenza è insediato il capannone in questione.
Personalmente posso portare l’esempio del Comando VVF in cui opero (Roma) che ha emanato linee guida integrative. Tali linee impongono che le strutture portanti e di separazione debbano presentare caratteristiche di resistenza al fuoco commisurate alla classe dell’edificio e/o del compartimento.
La classe deve essere determinata con le modalità specificate nella Circolare del Ministero dell’Interno n. 91 del 14 sett. 1961 attraverso una valutazione reale del carico d’incendio q

n
ågi x Hi
i=1
q =-----------------
18,48 x A


dove:

• q è il carico d’incendio espresso kg legna standard per mq di superficie
• gi il peso in kg del generico tra gli n combustibili che si prevedono presenti nel locale o nel piano nelle condizioni più gravose di carico d’incendio
• Hi l potere calorifico superiore espresso in MJ/kg del generico degli n combustibili di peso gi
• A superficie orizzontale in mq del locale o del piano del fabbricato considerato
• 18,48 è il potere calorifico superiore della legna standard espresso in MJ/kg

Qualora la classe C = q x k (determinata dal prodotto del valore di q per un coefficiente riduttivo k da calcolare caso per caso) sia inferiore al valore di 15’, per edifici di tipo isolato e con altezza antincendi inferiore a 12,00 m non viene richiesto nessun grado di protezione per le strutture di tipo metallico.

Se invece la classe fosse superiore a tale valore (30’,45’, 60’, 90’, 120’, 180’), al fine di raggiungere alcuni degli obiettivi primari della prevenzione incendi (garantire la stabilità delle strutture, assicurare la possibilità che gli occupanti lascino il locale indenni, garantire la possibilità per le squadre di soccorso di operare in condizioni di sicurezza) le strutture dovranno essere protette dall’azione del fuoco.
In questo caso le cose potrebbero complicarsi per la tipologia delle strutture da lei descritta.
Innanzitutto si precisa che la citata circ. 91/61, unico riferimento normativo esistente, non prevede la possibilità di proteggere le strutture di edifici di classe superiore a 45’ mediante la semplice applicazione di vernici intumescenti.
Inoltre le vernici devono essere provviste di un certificato di prova della resistenza al fuoco emesso da un laboratorio a tal fine autorizzato. Nell’applicare vernici intumescenti a strutture metalliche bisogna fare attenzione ad alcuni particolari:

1) il profilo e/o i profili trattati devono possedere un coefficiente di massività non inferiore a quello dell’elemento sottoposto a prova di laboratorio (perimetro della sezione/area della sezione espresso in m¹);
2) l’elemento da proteggere deve essere sottoposto a sollecitazioni non superiori rispetto a quelle dell’elemento sottoposto a prova di laboratorio;
3) le modalità di posa devono essere identiche a quelle dell’elemento provato (preparazione, spessori in μm).



Domanda:

Mi è capitato di dover fare la consulenza per un altro professionista e non sempre si riesce avere lo stesso punto di vista. E, vengo all’antefatto.
In un albergo alcune stanze sono arredata con un letto matrimoniale, un solo cuscino, un solo comodino. Per cui se dorme una sola persona si deve considerare le stanze con il letto matrimoniale come fosse un solo posto letto. La proposta di questa scelta, per il mio collega, è quello di far scendere sotto i 25 posti letto l’attività alberghiera e non rientrare nell’elenco delle attività di cui al dm.16.2.82 per il cui esercizio è richiesto il rilascio del C.P.I.
L’altro punto di vista, il mio, i letti matrimoniali, per le consuetudini e per i modelli culturali della nostra società, sono fatti per alloggiare due persone e, pertanto, non possiamo declassare l’albergo sotto i 25 posti letto se non eliminando i letti matrimoniali sostituendoli con letti singoli.


Risponde l’Ing. Antonio Albanese, Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco di Rieti:

Indipendentemente da ogni considerazione, ognuno può decidere di dormire o far dormire nel letto ritenuto più idoneo. C’è chi ritiene che più il letto è largo e più è comodo: spesso, infatti, si utilizzano letti singoli da una “piazza e mezza”. Ritengo, pertanto, legittima (e quindi non contestabile) la volontà di utilizzare letti a “due piazze” per una sola persona.
Qualora l’utilizzo di letti matrimoniali per una persona fosse, invece, solo un artificio per “nascondere” l’effettivo numero di posti letto (nel senso che poi, in pratica, vengono usati per due persone), si tratterebbe non solo di un fatto illecito (non soltanto dal punto di vista antincendio), ma anche di un escamotage che definirei “puerile”.
Si evidenzia, infatti, che per esercire un’attività ricettiva occorre l’ottenimento di una licenza, nella quale viene indicato il numero di posti letto, che deve corrispondere a quello riportato nel C.P.I.
Se poi anche nella richiesta della licenza si “nasconde” una parte dei posti letto, allora entriamo in un’area di illegalità che non richiede ulteriori commenti.
Vorrei, però, evidenziare che, trattandosi di un pubblico esercizio, tali fatti illeciti sono facilmente verificabili da parte di tutti gli organi di controllo (Forze dell’Ordine, Polizia Municipale, A.S.L., ecc.), compresi i Vigili del Fuoco, che spesso effettuano verifiche (per svariati motivi) anche in attività non soggette al rilascio del C.P.I.
Da ultimo, vorrei ricordare che anche le attività ricettive con capacità non superiore a 25 posti letto sono soggette all’osservanza delle norme contenute nel D.M. 9.04.94 (Titolo III).



Domanda:

Vorrei sottoporvi il seguente quesito: si tratta di un autorimessa situata al primo piano interrato di un edificio destinato a civile abitazione di tre piani fuori terra.
L’autorimessa risulta soggetta a controllo di Prevenzione Incendi in quanto la capacità di parcamento è pari a 85 posti auto.
L’edificio soprastante ha invece un altezza in gronda inferiore a 24 metri e pertanto non è soggetto.
Esistono delle comunicazioni tra l’autorimessa e l’edificio soprastante costituite da tre vani ascensori e scale che dalla parte più alta dell’edificio arrivano fino al piano interrato adibito ad autorimessa.
Si chiede se, ai fini della protezione antincendio, è corretto far riferimento all’art. 3.10.7 del D.M. 01/02/1986, che riporto:

3.10.7. Scale Ascensori.
Per le autorimesse situate in edifici aventi altezza antincendi maggiore di 32 m le scale e gli ascensori devono essere a prova di fumo, mentre per le autorimesse situate in edifici di altezza antincendi inferiore a 32 m sono ammesse scale ed ascensori di tipo protetto.

Oppure all’art. 3.5.3, che riporta:

3.5.3. Le autorimesse possono comunicare attraverso filtri come definito dal decreto ministeriale 30 novembre 1983 con locali destinati ad attività di cui al decreto ministeriale 16 febbraio 1982 con l'esclusione delle attività di cui ai punti 1, 2, 3, 4, 5, 7, 10, 12, 13, 14, 15, 16, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34, 35, 41, 45, 75, 76, 78, 79, 80 e 83.

Secondo me non si tratta infatti di comunicazione con l’attività 94 di cui al D.M. 16/02/82 in quanto l’edificio sovrastante non risulta soggetto a controllo di Prevenzione Incendi.
Sono invece ammesse scale e ascensori di tipo protetto in quanto l’autorimessa è situata in un edificio avente altezza antincendi inferiore a 32 metri.
Se fosse possibile avrei bisogno di una risposta urgente dal momento che ci troviamo nella situazione di aver fermato i lavori prescritti in attesa di un chiarimento.
Vi ringrazio Anticipatamente e Vi porgo i più cordiali saluti .


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

CARO COLLEGA
IL PUNTO 3.10.7 SI RIFERISCE ALLE SCALE ED ASCENSORI INSERITI NELL'AUTORIMESSA AI FINI DELL'ESODO.
IL PUNTO 3.5.3 FA RIFERIMENTO ALLE POSSIBILE COMUNICAZIONI TRA AUTORIMESSE ED ALTRI LOCALI.
NEL SUO CASO POICHE' LA CAPACITA' DI PARCAMENTO SUPERA I 40 AUTOMEZZI E L'AUTORIMESSA E' COMUNICANTE CON UN EDIFICIO CON ALTEZZA INFERIORE A 24 MT PUO' ESSERE ACCETTATO IL FILTRO IN CONSIDERAZIONE CHE IL PUNTO 3.5.3 LO CONSENTE PER ATTIVITA' ELENCATE NEL DM 16-2-82 (TRA CUI GLI EDIFICI PER CIVILE ABITAZIONE CON ALTEZZA MAGGIORE A 24 MT.).
CONSIDERI CHE SE IL FUNZIONARIO CHE ESAMINERA' LA PRATICA VUOLE ESSERE "PIGNOLO" POTREBBE RICHIEDERLE DI INOLTRARE UNA DEROGA IN QUANTO TALE POSSIBILITA' NON E' ESPLICITATA NEL DM. SALUTI



Domanda:

DESIDERO CONOSCERE IL VOSTRO PARERE CIRCA LA POSSIBILITA? DI CONSIDERARE QUALE "LUOGO SICURO STATICO" UN TERRAZZO POSTO A QUOTA + 8 METRI RISPETTO ALLA STRADA PUBBLICA. IL TERRAZZO E? FACILMENTE RAGGIUNGIBILE DAI SOCCORRITORI ATTESO CHE E? PROSPICIENTE UNA STRADA PUBBLICA PER CUI DI FACILE RAGGIUNGIMENTO DALL?AUTOSCALA DEI VIGILI DEL FUOCO INOLTRE LO STESSO TERRAZZO HA DIMENSIONI IN PIANTA TALI DA CONSENTIRE L'AFFOLLAMENTO DI UN DETERMINATO NUMERO DI PERSONE. SI RAPPRESENTA INFINE CHE LA PARETE ESTERNA SU CUI E’ COLLOCATO IL TERRAZZO COMPRESI TUTTI GLI INFISSI SONO RESISTENTI AL FUOCO REI 60 ED IL TERRAZZO INSISTE SU UN SOLAIO RESISTENTE AL FUOCO REI 120. RINGRAZIO ANTICIPATAMENTE UN VOSTRO LETTORE


Risponde l’Ing. Alessandro Paola, Funzionario del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Roma:

La definizione di luogo sicuro statico, ai fini antincendio, viene fornita nell'ambito del punto 3.4 del DM 30/11/1983 che recita: "Luogo sicuro: Spazio scoperto ovvero compartimento antincendio - separato da altri compartimenti mediante spazio scoperto o filtri a prova di fumo - avente caratteristiche idonee a ricevere e contenere un predeterminato numero di persone (luoco sicuro statico), ovvero a consentirne il movimento ordinato (luogo sicuro dinamico)".
L'applicazione di tale misura di prevenzione incendi è applicabile, in base alle norme verticali vigenti, solo per la realizzazione dei cosiddetti "spazi calmi", che devono essere previsti nell'ambito della progettazione antincendio di luoghi con presenza di persone diversamente abili.
Lo spazio calmo (richiamato dai DM 09/04/1994, DM 18/09/1996, DM 14/06/1989 e DM 18/03/1996) viene definito come "un luogo sicuro statico contiguo e comunicante con una via di esodo verticale od in essa inserito. Tale spazio non dovrà costituire intralcio alla fruibilità delle vie di esodo ed avere caratteristiche tali da garantire la permanenza di persone con ridotte o impedite capacità motorie in attesa dei soccorsi."
Poichè dalle argomentazioni evidenziate nel quesito, il terrazzo non possiede alcuna comunicazione diretta con una via di esodo verticale e/o di accesso per le squadre di soccorso, ma solo la "possibilità" di accostamento dell'autoscala dei Vigili del Fuoco, si ritiene che la soluzione proposta non possa essere prevista nella progettazione antincendio di una attività soggetta al rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi.



Domanda:

Ho da poco acquistato un appartamento nuovo con un posto auto coperto al piano piloti (non in un garage). Mi è stato detto che per questa tipologia di posto auto è necessario avere una certificazione dei Vigili del Fuoco denominata PMI (o PDI, mi dispiace non ricordo bene la sigla). Le sarei grato se potesse darmi delle delucitazione anche in considerazione del fatto che gli stabili interessati dalla questione sono forniti della necessaria Abitabilita' rilasciata dalle autorita' competenti.


Risponde l’Ing. Giovanni Rezoagli, Comando Provinciale Vigili del Fuoco di Frosinone:

Con riferimento al quesito posto , si evidenzia:
i posti auto ubicati ai piani piloties di fabbricati costituiscono a tutti gli effetti delle autorimesse;
tali autorimesse si definiscono di tipo "aperto", secondo la definizione data dalla specifica normativa di prevenzione incendi (D.M.I. 01.02.1986, G.U. n.38 del 15 febbraio 1986);
se il numero di posti auto eccede le 9 (nove) unità, ovvero se la superficie lorda del piano supera i 180 mq. (considerando una superficie di 20 mq. a macchina, comprensiva della quota parte di rampe e passaggi), l'autorimessa rientra tra le attività soggette a controllo di prevenzione incendi da parte dei vigili del fuoco, che sono elencate nel D.M.I. 16 febbraio 1982 (G.U. n. G.U. n. 56 del 26 febbraio 1982), - 97 tipologie di attività - in particolare vedasi punto 92 del decreto per quanto riguarda le autorimesse con più di nove autoveicoli;
le attività soggette a controllo di prevenzione incendi devono essere autorizzate ai fini antincendio dal Comando Provinciale dei VV.F. competente per territorio, con il "Certificato di Prevenzione Incendi" (CPI), che i titolari delle attività devono richiedere nei modi e con le forme previste dal dpr 12 gennaio 1998, n.37 (G.U. n. 57 del 10-3-1998) e dal D.M.I. 4 maggio 1998 (G.U. n. 104 del 7/5/1998). Gli obblighi si riassumono brevemente nella presentazione del progetto al Comando VV.F., a firma di professionista abilitato, sul quale viene espresso dallo stesso un "parere di conformità antincendio", a cui fa seguito, dopo gli eventuali lavori di adeguamento, una richiesta di sopralluogo, in esito alla quale, se l'attività viene trovata conforme alle norme di prevenzione incendi ed al progetto approvato, sarà rilasciato il CPI.



Domanda:

Sto valutando un progetto per un edificio da destinare ad attività commerciali ai fini della richiesta del parere di conformità ai Vigili del Fuoco.
L'edificio è composto da un piano fuori terra ed un piano interrato. Al piano fuori terra sono identificate due attività di cui al punto 87 del D.M. 16/02/1982.
Una di queste attività è un supermercato. Al piano seminterrato sotto una porzione dell'area supermercato è stata ricavata un area di parcheggio con la capienza di 28 automezzi. L'area di parcheggio, con accesso dedicato centrale dalla larghezza di 7,10 mt, è libera su due lati (non posso uscire sui lati perchè c'è una ringhiera, ma ho "aria" (3,5 mtX17mt per lato)). Gli altri due lati confinano l'uno con un altra attività 87 (senza comunicazione) e l'altro con un attività commerciale che non ricade nell ambito di applicazione del D.M. 16/02/1982.

Domanda: L'area di parcheggio è una autorimessa ? (..mi risulta difficile identificarla come una "tettoia").


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

LA SUA AREA DI PARCHEGGIO E' UNA AUTORIMESSA DEL TIPO APERTA SE SODDISFA QUESTO REQUISITO:

- 1.1.2. In relazione alla configurazione delle pareti perimetrali, le autorimesse e simili possono essere:

a) aperte: autorimesse munite di aperture perimetrali su spazio a cielo libero che realizzano una percentuale di aerazione permanente non inferiore al 60% della superficie delle pareti stesse e comunque superiore al 15% della superficie in pianta;

b) chiuse: tutte le altre.



Domanda:

Gli asili nido rientrano nel campo di applicazione del D.M. 26.08.1992 sull'edilizia scolastica? Se no c'è un riferimento normativo specifico che li riguarda?


Risponde l’Ing. Antonio Albanese, Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco di Rieti:

Gli asili nido non mi risultano essere un’attività scolastica e, pertanto, non rientrano nel campo di applicazione del D.M. 26.08.92.
Per tale tipo di attività non esistono norme di prevenzione incendi specifiche.
In ogni caso, trattandosi di luogo di lavoro, trova applicazione quanto previsto dal D.M. 10.03.98 (Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro).



Domanda:

Tra le attività soggette ai controlli di cui al DM 16.02.82 vi è l'attività n°88 (locali adibiti a depositi di merci e materiali vari con superficie lorda superiore a 1000 mq). Chiedo di aiutarmi a interpretare lo spirito del legislatore nei due seguenti casi emblematici e molto frequenti :
Stabilimento ove sono svolte lavorazioni non rientranti tra quelle soggette ai controlli, con area di produzione avente superficie lorda superiore a mq 1000. Nell'area di produzione sono presenti depositi di materiali accanto alle macchine (materia prima, semilavorati e prodotti finiti). Il magazzino è in edificio isolato. Si chiede di chiarire se l'area di produzione è da considerarsi come attività n°88 sei seguenti sottocasi:
materiali in deposito in area di produzione rientranti per tipologia e quantitativi complessivi tra le attività soggette ai controlli (per es: industria alimentare che utilizza carte e cartoni per confezionamento e imballaggio, pallet in legno e sim. con depositi complessivi in area di produzione maggiori di 50 q.li).
materiali in deposito in area di produzione non rientranti tra le attività soggette ai controlli.
Stabilimento costituito da area di produzione ( maggiore di 1000 mq) comunicante con il magazzino (minore di 1000 mq). La separazione tra produzione e magazzino non è ottenuta mediante strutture aventi certificazione di resistenza al fuoco. I materiali complessivamente contenuti all'interno dell'area di lavorazione+magazzino non rientrano per tipologia e quantitativi tra le attività soggette ai controlli. Si chiede di chiarire se l'area di produzione e/o di magazzino siano da considerare come attività n°88.


Risponde il Funzionario Gianluca Graniero del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Roma:

Risposta 1.1)
Considerando come il legislatore ha impostato l’elenco allegato al D.M. 16/02/82, lo stabilimento non rientra nella attività n. 88, in quanto l’attività, non soggetta ai controlli dei VV.F. per il rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi (C.P.I.),non è un “deposito”, ma uno “stabilimento di produzione e/o lavorazione” e nell’elenco delle attività soggette esiste una discreta diversificazione degli stabilimenti di lavorazione, soggetti al C.P.I.
Tale elenco prevede, nella maggior parte dei casi, gli stabilimenti comprensivi dei materiali in deposito o lavorazione, questo quantitativo è il limite minimo affinché siano soggette ai controlli VV.F. semprechè sia soddisfatta la condizione principale di “Stabilimento” soggetto a C.P.I. (ad es. si vedano le n. 41-42-44-45), pertanto la tipologia di specie non soddisfa contemporaneamente i due requisiti (tipologia di stabilimento e materiali in lavorazione/deposito) bensì uno solo e di secondaria importanza rispetto all’attività principale “Stabilimento” (A conforto di tale tesi resta il fatto che il deposito non è isolato, ma distribuito nell’area di lavorazione, con il controllo, ai fini antincendi, dei lavoratori informati e formati come da D.L.vo 626/94)
Risposta 1.2)
Considerata la risposta 1.1) l’area di produzione non è attività n.88 e l’attività non è ricompresa tra quelle soggette a C.P.I., le due condizioni citate sono entrambe non soddisfatte
Stabilimento costituito da area di produzione (maggiore di 1000 mq) comunicante con il magazzino (minore di 1000 mq). La separazione tra produzione e magazzino non è ottenuta mediante strutture aventi certificazione di resistenza al fuoco. I materiali complessivamente contenuti all'interno dell'area di lavorazione + magazzino non rientrano per tipologia e quantitativi tra le attività soggette ai controlli. Si chiede di chiarire se l'area di produzione e/o di magazzino siano da considerare come attività n° 88.
Risposta 2) Vale il discorso fatto al punto 1.1) in quanto l’attività principale non corrisponde ad un deposito realizzato in locale isolato di superficie maggiore di 1000 mq. L’area di produzione ed il magazzino non sono da considerarsi attività n° 88.



Domanda:

Buongiorno
Vi sottopongo il seguente quesito in merito all'attività punto 88 del DM 16.2.82
Mi trovo a dover stabilire se un capannone per deposito di tubi in ferro con superficie complessiva in pianta di 1030 mq (nel computo totale della superficie rientrano deposito, servizi e un ufficio) rientra nel punto 88.
Nel dettaglio:
I servizi e l'ufficio hanno superficie complessiva di 40 mq. sono fisicamente annessi al deposito ma in essi non si svolge nessuna attività soggetta alla Prevenzione incendi.
Quindi l'area destinata al deposito (scorporando servizi e ufficio) è di 990 mq inferiore ai 1000 mq stabiliti dalla normativa.
Considerato quanto detto
Il capannone formato da deposito+servizi+ufficio con superficie in pianta di 1030 mq, ma a tutti gli effetti il deposito interessa solo 990 mq è da considerarsi rientrante della Prevenzione Incendi al punto 88 del DM 16.2.82?
Vi ringrazio per la disponibilità e con l'occasione porgo distinti saluti.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

87) Locali adibiti ad esposizione e/o vendita all'ingrosso o al dettaglio con superficie lorda superiore a 400 mq comprensiva dei servizi e depositi 6

88) Locali adibiti a depositi di merci e materiali vari con superficie lorda superiore a 1.000 mq 6

CARO COLLEGA
SE CONFRONTIAMO LE ATTIVITA' 87 E 88 NOTIAMO CHE NELLA PRIMA IL NORMATORE HA INSERITO PER L'ASSOGGETTIBILITA' DELLA ATTIVITA' ALLA PREVENZIONE INCENDI "....I SERVIZI E DEPOSITI ... " , CONTRARIAMENTE A QUANTO E' DETTO PER L'ATTIVITA' 88.
NE DISCENDE, A GIUDIZIO DI CHI RISPONDE, CHE LA SUA ATTIVITA' DI DEPOSITO (990MQ.) NON E' SOGGETTA.