00 03/03/2010 22:26
Domanda:

L'ultimo capoverso della risposta pubblicata sul magnifico sito da lei curato era: "Per quanto riguarda l’accesso alle cantina, si reputa che la larghezza di 60 cm sia insufficiente per il regolare transito delle persone. Pertanto, la larghezza minima dovrà essere di 0,80 cm in analogia al Dlgs 626/94." Cioè quella frase focalizzava un problema di transito pedonale che mi pare prescindesse dalla destinazione d'uso del locale in costruzione.
So adesso che pochissimi giorni fa, a seguito del "Parere di conformità antincendio" chiesto all'amministratore del condominio, il competente ufficio dei VVF ha per iscritto espresso "per quanto di competenza, parere favorevole alla realizzazione del progetto a condizione che l'impianto sia realizzato secondo la documentazione tecnico-illustrativa trasmessa e comunque nell'osservanza delle norme contenute nel Decreto del Ministero dell'Interno 12/4/96 Suppl.GU n°103 del 4/5/96); in particolare: ..." e qui segue una elencazione di cautele mirate al gas,
areazione, corrente elettrica, apparecchi, tubi, cioè all'impianto di riscaldamento in quanto tale.
A detta "documentazione tecnico-illustrativa trasmessa" era allegata pure una cartina riportante fondamentalmente i riferimenti al suddetto impianto, e però anche la larghezza (m. 0,61) dell'andito di accesso alle cantine. Presumo tuttavia che al perito industriale firmatario del progetto, e soprattutto ai VVF non sia stato chiarito che il nuovo edificio non è preesistente, bensì ancora in fase di costruzione, frutto di una progettazione edilizia che starebbe eludendo le norme di sicurezza sull'accesso alle cantine. Quelle stesse norme in base alle quali si può forse arrivare a concedere alle vecchie strutture fuori norma un po' di tolleranza sui tempi di adeguamento, ma, non credo, ad autorizzare le nuove: cosa che invece il geometra dell'impresa afferma di ritenere ora, forte del "parere favorevole".
L'equivoco, penso, può forse risiedere nell'ambiguità dei termini "progetto" e "impianto": è corretto parlare di progetto comprendendovi aspetto edilizio ed aspetto impiantistico, oppure l'aspetto edilizio in attuazione va considerato non compreso nella valutazione del competente ufficio dei VVF?
Alla luce di questo equivoco credo vada vista la contraddizione tra l'interpretazione rigorosa della 626, e viceversa il suddetto "parere favorevole". Mi scuso se termino con il classico: come se ne esce? (specie con alle porte un gelido inverno che non tollera ritardi?).
G.P.I.


Risponde l’ing. Massimo Elio Mantovani Vice Direttore Regionale VVF per il Lazio:

In merito al nuovo quesito posto, si precisa che la larghezza di accesso alle cantine non rientra nel parere precedente dato per il locale caldaia, in quanto le stesse non rientrano tra le attività soggette al controllo del CNVVF.
Inoltre, le cantine normalmente non sono luogo di lavoro e quindi il DM 10/03/98 si potrà applicare solo quando nelle stesse saranno presenti lavoratori occasionali. In questo caso, l’accesso alle cantine dovrà essere conforme a quanto prescritto nel citato DM.
Si fa notare comunque, che non potendosi escludere che nello stabile dimori una persona portatrice di handicap, per la quale i condomini sono obbligati ad osservare le prescrizioni di cui al DM 380/01 e DM 236/89 che di seguito si riportano :

VERIFICA DEL RISPETTO
D.P.R. 380/01 ART. 82, D.M. 236/89 e Circ. n° 1669/89

Dalla tabella si evince che la larghezza della porta di accesso a qualsiasi locale deve essere almeno 80 cm.



Domanda:

Una autorimessa ha un solaio in laterocemento e lo devo far diventare REI 120 o con lastre in cartongesso o con intonaco speciale.
Questo solaio è in parte fuori dal sedime dell’abitazione, in parte sopra ha un giardino pensile.
La compartimentazione REI la devo fare su tutto il solaio o solo sulla parte che sopra ci sono le unità immobiliari, non facendolo nella parte dove c’è il giardino pensile?
Ringraziando anticipatamente e sperando in riscontro, Porgo cordiali saluti. V. G.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Una autorimessa è considerata " isolata" se è situata in un edificio ad uso esclusivo,ovvero puo' essere considerata tale se e'in adiacenza (o sottostante) ad edifici destinati ad altri usi (ivi incluso la destinazione abitativa) strutturalmente e funzionalmente separati da questa.
Nel caso prospettato anche il giardino pensile è lastrico solare e copertura della autorimessa, pertanto la caratteristica Rei 120 deve essere comunque rispettata per tutto il solaio di separazione. Inoltre, presumo, che l'autorimessa abbia una comunicazione con il corpo edilizio abitativo che ne fa scaturire anche la dipendenza funzionale.



Domanda:

Buonasera, il mio nome è C.O., sono una studentessa di ingegneria dell'università Federico II di Napoli. Ho scoperto per caso la sua rubrica, ed avrei una domanda da porle:
se ho un magazzino adibito ad uso industriale lungo 30 metri, alto 5 e largo 10, con finestratura continua sulle quattro pareti, che dimensione dovranno avere delle eventuali aperture per la ventilazione? Spero di avere presto una sua risposta, grazie


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Nella generalità l'aereazione naturale da fornire ad un locale, ai fini della sicurezza preventiva e protettiva antincendio, è condizionata da più parametri quali:

- la superficie del locale

- il carico di incendio dei materiali contenuti (inclusi gli elementi strutturali combustibili)

- la configurazione plano-volumetrica del locale.

Orbene se l'attivita' che si svolge all'interno del magazzino industriale rientra tra quelle elencate nel DM 16-2 -82 e quindi soggetta all'ottenimento del certificato di prevenzione incendi per l'esercizio, l'aereazione dovrà essere quella prevista dalla specifica norma antincendio di riferimento,se esiste; altrimenti, con gli indirizzi forniti dal DM 10-3-98 ed attraverso una congruente valutazione del rischio "incendio", l'aerezione dovra' essere definita dal progettista.
Come norma di indirizzo si potrà prevedere un valore di aereazione pari:

- ad 1/25 della superficie in pianta del locale per carico di incendio medio-alto (oltre i 30kg
legna standard/mq)

- ad 1/30 della superficie in pianta per carico di incendio medio (tra 15 e 30kglegna stand./mq)

- ad 1/40 della superficie in pianta per carico di incendio basso (sotto i 15kglegna stand./mq)

Qualora l'aereazione è ottenuta tramite finestrature poste a quote alte (tipo vasistas) il progettista può valutare di ridurre l'aereazione di un 10% rispetto a quella anzidetta poiché maggiore ed in un minor tempo, in caso di incendio, verranno smaltiti i fumi "grigi" che sono i più caldi.
Qualora sia possibile si suggerisce di dare sempre una aerezione pari ad almeno 1/25 della superficie in pianta.



Domanda:

Ho dimenticato di dirle che il carico d'incendio presente nel mio magazzino è uniformemente distribuito, costituito da pallets di legno, ed è pari a 15 kg legna/m2. Ho ricevuto la risposta al quesito iniziale, ma sarebbe possibile avere un'unlteriore risposta dopo aver fornito questi dettagli? Grazie, C.O.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Con un carico di incendio di 15kg.ls/mq. del magazzino, (che fa supporre che la classe dello stesso sarà sicuramente non superiore a C15) le considerazioni di già comunicati sono riconfermate interamente. L'attività si può considerare tra quelle a basso rischio di incendio e di conseguenza su questo livello di rischio si procederà a calcolare l'aereazione necessaria.



Domanda:

Salve, avrei una semplice curiosità da soddisfare, quando si verifica un incendio per corto circuito come fate a stabilire il punto dove ha avuto origine il corto circuito e soprattutto, le vostre ipotesi si basano su dati certi o sono semplici supposizioni.
Mi potreste fare qualche esempio di indizi che vi fanno capire da dove è partito il corto circuito…e poi il non sapere cosa si trova nei locali che stanno bruciando può mettervi in difficoltà nel capire l'esatto punto di origine del corto?
(Ad esempio se qualcosa brucia piu' facilmente di altro vicino a dove pensate sia l'origine del corto questo può farvi sbagliare le vostre ipotesi oppure se dite un punto è perchè ne siete sicuri.)
Grazie in anticipo per la risposta. Saluti. R.


Risponde l’ing. Maurizio Daddato, Dirigente del Corpo Nazionale VVF, esperto di Fire Investigation:

Si deve premettere che il termine "corto circuito", così come riportato nei giornali e nei mass media, è un termine gergale che sta ad indicare che la probabile causa di incendio è di natura elettrica. Si noti che volutamente mi riferisco al termine natura elettrica. Con la dizione "corto circuito" infatti ci si riferisce ad un ben preciso evento anomalo nell'impianto elettrico, che solo gli esperti elettrotecnici, dopo mirate ricerche sanno accertare. Nell'immaginario collettivo l'incendio da utilizzatore (es. televisore, frigorifero o apparato elettrico generico) è giustificato come incendio causato da un corto circuito. Di seguito si riportano le principali cause di incendio di natura elettrica: Effetto Joule, falso contatto, sovraccarico o sovracorrente, corto circuito, incendio da utilizzatore, arco elettrico ed energia elettrostatica. Come si vede il corto circuito è solo una delle cause di incendio di natura elettrica. Molte volte l'utilizzatore elettrico si riscalda per un suo anomalo funzionamento e ciò determina come effetto in cascata il corto-circuito finale dell'apparato.
Circa la determinazione del punto di origine, in cui si sospetta che si sia originato l'incendio stesso, si procede esaminando i vari danneggiamenti, affumicature e bruciature lasciati dal fuoco sui materiali viciniori.
L'esame di tali indicatori e delle impronte lasciate, porta varie volte (non sempre) ad individuare il luogo e il punto ove si è sviluppato il "bozzolo di focolaio d'incendio". Il corto circuito in genere lascia un'impronta ben precisa, sui cavi là dove si è originato, chiamata "rame perlinato". Ciò vuol dire che ritrovando ed esaminando questa impronta si riesce a stabilire che colà si è verificato un corto circuito, ma non è detto che questi sia la causa dell'incendio in esame, potrebbe anche essere l'effetto di un fuoco esterno sui cavi.
Il "rame perlinato" inoltre non è la sola impronta lasciata dal corto-circuito, molte volte si ritrovano, specialmente nei quadri elettrici, gli effetti elettromagnetici ad esso collegati.
In generale possiamo dire che dall'esame dello scenario dell'incendio ed esaminando i resti di materiale bruciato, si riesce qualche volta a capire ove il bozzolo di focolaio si è sviluppato e come poi, coinvolgendo altri materiali combustibili, si è successivamente propagato il fuoco.
La metodica della ricerca delle cause di un incendio si può schematizzare come un discorso a spirale, nel corso del quale vengono man mano inserite le tessere di un mosaico così come un grande puzzle, ed il Fire-investigator ha il compito di riscostruirle nel coacervo dei materiali bruciati e poi di sistemarle in modo giusto nello scenario del luogo ove è avvenuto il sinistro.



Domanda:

Un mio cliente che svolge attività di installatore/manutentore di impianti di condizionamento e refrigerazione, tra le lavorazioni effettua anche saldature ossiacetileniche. Nel trasferimento in una nuova sede si è presentato il problema del limite di stoccaggio delle bombole. Ho richiesto ai fornitori informazioni circa la quantità di sostanza presente in ogni bombola (mc per l'ossigeno e kg per l'acetilene) per effettuare un calcolo ad avere un limite, ma essendomi state date indicazioni sull'equiparazione dei combustibili e dei comburenti ai fini della prevenzione incendi, per l'ossigeno mi si è presentato il problema in quanto anche le bombole piccole vanno oltre il limite dell'attività n.3.
Lo stoccaggio di bombole in deposito va considerato nell'attività n.3 del D.M. 16/02/82?
L'ossigeno, essendo un comburente, va calcolato oppure no?
Purtroppo non riesco ad avere una risposta sicura ed inequivocabile. Anche perchè i fornitori stessi dei gas dicono che non è vero.
Ho avuto dai fornitori il contenuto in mc di ossigeno nelle bombole e già la bombola media da 14 litri a 200 atmosfere contiene 3mc! M.


Risponde l’ing. Massimo Elio Mantovani Vice Direttore Regionale VVF per il Lazio:

In merito al quesito posto circa l’assoggettabilità di un deposito bombole di gas combustibili
al punto 3 del DM 16/2/82 si riportano di seguito alcune caratteristiche dei gas Ossigeno ed Acetilene dalle quali potrà verificare se il deposito in oggetto rientra o meno al punto 3 del DM 16/2/82.


Simbolo Peso Volume Peso litro g

o formula molecolare g/mole molecolare l 0 °C e 1.013 bar

C2H2 26.016 22.120 1.176

O2 32.000 22.392 1.429

Si precisa che l’acetilene va considerata gas disciolto è quindi il limite per rientrare al punto 3 è di oltre 500 kg. Pertanto, considerato che normalmente le bombole per saldatura ossiacetilenica contengono 5t kg occorrono oltre 10 bombole per rientrare nel suddetto punto.

Per quanto riguarda l’Ossigeno, essendo un gas comburente, lo stesso non va calcolato per la verifica di appartenenza al punto 3. Si ricorda che le bombole di ossigeno presentano unicamente pericolo di incendio e non di esplosione.

Si riporta di seguito una tabella di conversione per l’ossigeno.

Ossigeno

1 m3 = 1.311 kg = 1.147 lt

1 kg = 0.763 m3 = 0.876 lt

1 lt = 0.872 m3 = 1.142 kg



Domanda:

Complimenti per la rubrica e grazie.
Ci voleva qualcosa che snellisse l’elefantiaca burocrazia. Come sempre le soluzioni vengono da parte di chi come voi dedica tutto il lavoro della propria vita a soccorre ed aiutare il cittadino. I quesiti che pongo sono molto semplici:

1) una porta tagliafuoco che viene verniciata, al fine di avere una continuità estetica con altre porte, continua a mantenere le sue caratteristiche di resistenza al fuoco e la validità dell’omologazione, anche se la si pittura con vernice intumescente o a base d’acqua? Mario


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Caro Mario, se la porta ha il suo certificato di omologazione, la dichiarazione di corrispondenza al prototipo e la dichiarazione di corretta installazione, può essere verniciata sui due lati come meglio credi perché, per essere la porta REI, significa che per il tempo predefinito (in minuti) pari al numero che segue la parola REI scritta sul certificato in tuo possesso:

- la porta non può perdere la propria resistenza strutturale R

- la porta sulla faccia non interessata dalle fiamme di un incendio non può superare la temperatura di 150C° ( pertanto con questo valore termico la vernice, se a base di solventi, non può emettere vapori in grado di infiammarsi spontaneamente) I

- la porta sulla faccia non interessata dalle fiamme di un incendio non può emettere vapori infiammabili che possono "accendersi" in presenza di un innesco, ne i fumi dell'incendio possono passare attraverso la porta. E

Se poi decidi di trattare la porta con vernici ignifuganti miglioreresti le caratteristiche della porta, anche se personalmente, non ne vedo la necessità (soldi non spesi bene).

Buon divertimento.



Domanda:

Un progetto di ristrutturazione di un edificio universatario prevede di utilizzare i locali seminterrati (sotto il piano campagna) come spazi da adibire a laboratori di tipo chimico-microbiologico, prove strutturali e falegnameria, ad uso sia di studenti che di tecnici; alcuni di questi locali sarebbero sarebbero dotati di finestre, altri di bocche di lupo. I piani superiori sarebbero adibiti ad uso ufficio. L'areazione potrebbe venire garantita con sistemi di aspirazione forzata. I locali dovrebbero inoltre essere serviti da impianti gas (in particolare idrogeno, ossigeno, acetilene, eventualmente protossido d'azoto, metano e gas inerti) ed ovviamente si prevede l'uso e la manipolazione di sostanze e preparati pericolosi.

Dal punto di vista legislativo ci sono degli impedimenti a tale progetto?

Grazie per la disponibilità.

L.R.


Risponde l’Arch. Giancarlo Ranalletta in servizio presso la Direzione Regionale VV.F. Lazio:

Riferimento normativo DM 26 agosto 1992 punto 6.1 “Spazi per esercitazioni”

I locali da adibire a laboratori di tipo chimico-biologico ecc., possono essere ubicati al piano I° interrato se privi di gas con densità > 0,8.
Devono avere caratteristiche di resistenza al fuoco non inferiore a REI 60 e comunque non inferiore alla classe antincendio del locale.
Devono avere aperture di aerazione non inferiore a 1/20 della superficie in pianta del locale ricavate su parete attestata all’esterno.
E' opportuno dotare i locali di idonei impianti di rilevazione di fumi e calore, oltre all'accortezza di limitare al minimo necessario la tenuta di sostanze classificate “pericolose”.



Domanda:

Buongiorno, sono B. dell’ Ufficio Tecnico di una azienda costruttrice di porte industriali per celle frigo: volevo chiedere se ci sono leggi italiane o direttive europee che sottopongono la porta a requisiti di resistenza al fuoco?

Nel ringraziarla anticipatamente per la collaborazione, porgo Distinti Saluti. B. D.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Caro B., non sono a conoscenza di direttive europee che danno indirizzi sulla resistenza al fuoco di porte industriali per celle frigo. In Italia le norme che regolano la costruzione, e gli impieghi delle porte REI sono le UNI-CNVVF9723. Ad ogni buon conto non capisco a cosa possono servire le porte REI da installare nelle celle frigo, dato che le stesse non possono essere intese come ambienti (compartimenti), perché se così fosse anche le pareti che delimitano le celle dovrebbero avere analoghe caratteristiche REI (difficilmente conseguibili con i normali materiali usati ai fini della coibentazione). Generalmente nel caso di esami progetto di depositi di merce varia con superficie maggiore a 1000 mq (attività 88 del D.M. 16.2.82) i Comandi Provinciali richiedono, in funzione del carico di incendio e della classe del compartimento, idonee caratteristiche di resistenza al fuoco alle strutture (R) ed alle pareti di separazione (REI) … ma non certo alle celle frigo inserite in tali ambienti.



Domanda:

Mi domandavo se per la legge 626/94 tutti gli esercenti sono obbligati ad avere nei propri locali degli estintori e cassetta di pronto soccorso. Se esistessero delle eccezioni vorrei sapere quali attività sono escluse da
questo obbligo. Volevo infine chiedere a quanto ammontano le multe per il non adempimento a quest'obbligo.
Vi ringrazio anticipatamente per le informazioni che vorrete darmi. Un cittadino.


Risponde il Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco di Roma, Dott. Ing. Guido Parisi:

L’obbligo di installare un estintore deriva o perché previsto esplicitamente da leggi o da regole tecniche o da prescrizioni del Comando provinciale dei Vigili del Fuoco per le attività soggette al rilascio del C.P.I..
Il d.l.vo 626 del 1994 non prevede esplicitamente tale obbligo ma ha rinviato ad un successivo decreto ministeriale, emanato il 10 marzo 1998, che ha fissato le misure di emergenza e le misure di prevenzione incendi dopo aver valutato il rischio di incendio, fatte salve le prescrizioni dettate per le attività soggette al rilascio del C.P.I...
In particolare, per quanto riguarda gli estintori, si precisa che i seguenti disposti normativi:

- Il DPR 547/1955 artt. 33 e 34 prescrive la predisposizione di estintori in rapporto alle particolari condizioni in cui possono essere usati;

- Il DM 10/3/1998, emesso in attuazione all’art. 13 del dlgs. 626, nell’Allegato V punto 5.2 indica il tipo e il numero di estintori da adottare in funzione dell’esito della valutazione dei rischi;

Quindi i due decreti obbligano alla predisposizione degli estintori in funzione del grado di rischio del luogo di lavoro. L’installazione degli estintori è sicuramente prevista nelle attività soggette ai controlli obbligatori dei Vigili del fuoco mentre per le restanti attività né è raccomandata l’installazione come misura di sicurezza a meno che si possa escludere la possibilità di un principio di incendio, poiché non è presente alcun materiale combustibile.

Sanzioni

Le sanzioni previste per la mancata predisposizione sono a carico del datore di lavoro/dirigente. Queste sono di tipo penale, così come di seguito descritto:

art. 33 DPR 547/55 Arresto sino a 3 mesi Ammenda da 258 a 1032 euro

Art. 34 DPR 547/55 Arresto da 2 a 4 mesi Ammenda da 516 a 2582 euro

Art. 4 Dlgs 626/94 c.5lett q) Arresto da 3 a 6 mesi Ammenda da 1549 a 4131 euro


Cassette di pronto soccorso

La predisposizione delle cassette di pronto soccorso da parte del datore di lavoro è cogente per le aziende:


- comprese nell’art. 29 dal DPR 303/1956;

- in funzione della classificazione di cui all’art. 1 del DM 15/7/2003 n.388, secondo il disposto dell’art. 2 c.1 lett a) dello stesso decreto;

- in funzione della valutazione dei rischi e secondo l’art.15 c.1 del Dlgs 626/94.


Il contenuto minimo delle cassette di pronto soccorso deve essere rispondente a quanto previsto nell’allegato 1 del DM 15/7/2003 n. 388.

ALLEGATO

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 19 marzo 1956, n. 303

Norme generali per l'igiene del lavoro

art. 29. Cassetta di pronto soccorso.

Sono obbligate a tenere una cassetta di pronto soccorso:

a) le aziende industriali che occupano fino a 5 dipendenti, quando siano ubicate lontano dai centri abitati provvisti di posto pubblico permanente di pronto soccorso e le attività che in esse si svolgono presentino rischi di scoppio, di asfissia, di infezione o di avvelenamento;

b) le aziende industriali, che occupano fino a 50 dipendenti, quando siano ubicate in località di difficile accesso o lontane da posti pubblici permanenti di pronto soccorso e le attività che in esse si svolgono non presentino i rischi considerati alla lettera a);

c) le aziende industriali, che occupano oltre 5 dipendenti, quando siano ubicate nei centri abitati provvisti di posto pubblico permanente di pronto soccorso e le attività che in esse si svolgono presentino rischi di scoppio, di asfissia, di infezione o di avvelenamento;

d) le aziende industriali, che occupano oltre 50 dipendenti, ovunque ubicate che non presentano i rischi particolari sopra indicati.

Regio Decreto 19 giugno 1899 (Regolamento Generale per la Prevenzione degli Infortuni sul Lavoro)

Art.15 : obbligo al datore di lavoro di mantenere sul luogo stesso in cui si compie il lavoro, il materiale indispensabile per la immediata medicazione antisettica delle ferite per infortunio sul lavoro.

Regolamento Generale per l‘Igiene del Lavoro (1927)

Artt. 4 e5: obbligo per il datore di lavoro, a seconda della natura e della importanza dell’azienda, del pacchetto di medicazione, della cassetta del pronto soccorso, o, per le aziende con più di 5 operai con rischio di scoppio, asfissia, infezione o intossicazione, della infermeria.

Art.7: tutte le aziende industriali soggette all’obbligo dell’assicurazione contro gli infortuni devono esporre un cartello con l’indicazione di un medico che possa essere chiamato in caso di pronto soccorso e talune di esse devono disporre di un infermiere o, in difetto, di persona pratica di infermeria.

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 27 del 3 Febbraio 2004 è stato pubblicato il Decreto Ministeriale n. 388 del 15 Luglio 2003 "Regolamento recante disposizioni sul pronto soccorso aziendale, in attuazione dell'art. 15, comma 3, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni".

Art. 15 Pronto soccorso del decreto legislativo 626

1. Il datore di lavoro, tenendo conto della natura dell'attività e delle dimensioni dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, sentito il medico competente ove previsto, prende i provvedimenti necessari in materia di pronto soccorso e di assistenza medica di emergenza, tenendo conto delle altre eventuali persone presenti sui luoghi di lavoro e stabilendo i necessari rapporti con i servizi esterni, anche per il trasporto dei lavoratori infortunati.

2. Il datore di lavoro, qualora non vi provveda direttamente, designa uno o più lavoratori incaricati dell'attuazione dei provvedimenti di cui al comma 1.

3. Le caratteristiche minime delle attrezzature di pronto soccorso, i requisiti del personale addetto e la sua formazione sono individuati in relazione alla natura dell'attività, al numero dei lavoratori occupati e ai fattori di rischio, con decreto dei Ministri della sanità, del lavoro e della previdenza sociale, della Funzione pubblica e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione consultiva permanente e il Consiglio Superiore di sanità.

Sanzioni le sanzioni previste per il datore di lavoro sono:

l’art. 67 del DPR 303/56;

Contravvenzione

L’art.15 c.1 del Dlgs 626/94 Arresto da 3 a 6 mesi Ammenda da 1549 a 4131 euro.



Domanda:

Cortesemente, se mi poteva aiutare a chiarirmi la norma che stabilisce come installare un serbatoio g.p.l. da riscaldamento. Grazie. Un cittadino.


Risponde il Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco di Roma, Dott. Ing. Guido Parisi:

Per installare un serbatoio di GPL, di capacità superiore a 0,3 mc, occorre presentare un esame progetto al Comando provinciale dei Vigili del Fuoco per il parere di conformità alla regola tecnica contenuta nell’allegato al Decreto del Ministero dell’Interno 14/05/2004, che può essere scaricato dal sito www.vigilfuoco.it .



Domanda:

Innanzitutto complimenti per il lavoro che fate...mi chiamo M. ho 22 anni e ho da poco acquistato una macchina con impianto a gpl...i condomini hanno detto che è vietato per legge parcheggiare la macchina
negli appositi garage...chiedo dopo aver cercato invano nel web se è vero o no?
Posso parcheggiarla la mia macchina o devo lasciarla all'aperto...grazie del tempo dedicatomi...

M. C.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Caro M. puoi parcheggiare la tua vettura alimentata a gpl se sono soddisfatte le prescrizioni di cui ai seguenti allegati:

D. Min. Interno del 22/11/2002

Disposizioni in materia di parcamento di autoveicoli alimentati a gas di petrolio liquefatto all'interno di autorimesse in relazione al sistema di sicurezza dell'impianto.

Il Ministro dell'interno

Vista la legge 27 dicembre 1941, n. 1570;
Visto l'art. 1 della legge 13 maggio 1961, n. 469;
Visto l'art. 2 della legge 26 luglio 1965, n. 966;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577, ed in particolare gli articoli 3 e 11;
Visto il proprio decreto 1° febbraio 1986 recante "Norme di sicurezza antincendi per la costruzione e l'esercizio di autorimesse e simili";
Vista la serie 01 di emendamenti al regolamento ECE/ONU n. 67 recante "Prescrizioni uniformi relative alla approvazione di dispositivi di alimentazione dei veicoli a propulsione gas di petrolio liquefatto, ed alla omologazione di veicoli per ciò che concerne l'installazione di impianti gas di petrolio liquefatto";
Viste le circolari del Ministero dei trasporti e della navigazione n. 82/1999 del 25 novembre 1999 e n. 63/2000, relative, rispettivamente, all'entrata in vigore della serie 01 di emendamenti al regolamento ECE/ONU n. 67 ed al differimento al 1° gennaio 2001 della data di applicazione obbligatoria in ambito nazionale;

Ritenuto di dover disciplinare, nelle more di un aggiornamento della vigente normativa di sicurezza antincendio per le autorimesse, il parcamento di autoveicoli alimentati a gas di petrolio liquefatto all'interno di autorimesse in relazione al sistema di sicurezza dell'impianto;
Acquisito il parere espresso dal Comitato centrale tecnico scientifico per la prevenzione incendi di cui all'art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577, sulla base dell'attività di sperimentazione e dei documenti di analisi del rischio sviluppati per l'occasione;

decreta

Art. 1. - Parcamento di autoveicoli alimentati a gas di petrolio liquefatto all'interno di autorimesse in relazione al sistema di sicurezza dell'impianto

1. Il parcamento degli autoveicoli alimentati a gas di petrolio liquefatto con impianto dotato di sistema di sicurezza conforme al regolamento ECE/ONU 67-01 è consentito nei piani fuori terra ed al primo piano interrato delle autorimesse, anche se organizzate su più piani interrati.

2. Le definizioni di piano interrato e di piano fuori terra sono riportate nel punto 1.1.1 dell'allegato al decreto ministeriale 1° febbraio 1986, rispettivamente alla lettera a) ed al primo periodo della lettera b).

Art. 2. - Condizioni di sicurezza delle autorimesse

1. Le autorimesse di cui al precedente art. 1 sono conformi al decreto ministeriale 1° febbraio 1986. (Vedi) Nel caso di autorimesse soggette ai controlli di prevenzione incendi è richiesto il rispetto delle procedure di cui al decreto del Presidente della Repubblica 12 gennaio 1998, n. 37. (Vedi)
2. All'ingresso dell'autorimessa è installata cartellonistica idonea a segnalare gli eventuali divieti derivanti dalle limitazioni al parcamento di autoveicoli alimentati a gas di petrolio liquefatto di cui al precedente art. 1.

Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

*Lett.Circ.M.Interno del 12/03/2003 n.339/4108 sott. 28

DM 22/11/2002 - Parcamento autoveicoli alimentati a G.P.L.

In relazione ad alcune perplessità rappresentate sulla materia in oggetto, si forniscono le seguenti informazioni utili in sede di espletamento dei servizi istituzionali di soccorso e di prevenzione incendi.
I presupposti tecnico-scientifici (art. 3 del DPR 577/82) (Vedi) che hanno fatto ritenere ammissibile, secondo il DM 22/11/2002, (Vedi) il parcamento degli autoveicoli alimentati a G.P.L. al primo piano interrato delle autorimesse, si fondano sulla dimostrata riduzione del rischio "alla fonte" grazie all'impiego dei dispositivi di sicurezza di nuova concezione, conformi alle direttive comunitarie, equipaggianti obbligatoriamente gli autoveicoli immatricolati successivamente al 01/01/2001 ed applicabili facoltativamente a quelli precedenti.

L'efficacia delle innovazioni tecnologiche è stata dimostrata dagli studi svolti e relazionati al CCTS, severi ed approfonditi sia sul piano teorico-analitico che sperimentale, di durata pluriennale, con l'intervento di tecnici specialistici nei settori delle costruzioni automobilistiche e dell'analisi dei guasti e valutazione dei rischi, condotti alla presenza attiva delle Amministrazioni interessate, cioè del CNVVF e del Ministero dei Trasporti - Ispettorato della Motorizzazione Civile.

I test condotti nelle prove a fuoco hanno dimostrato, fra l'altro, che un'autovettura a G.P.L. equipaggiata dei nuovi dispositivi si comporta, quando coinvolta in un incendio, indipendentemente dall'origine dello stesso, in maniera simile all'autovettura a benzina. I test hanno escluso il rischio dello scoppio del serbatoio e di perdite di G.P.L. dall'impianto, in quanto il sistema valvolare è concepito in modo da assicurare l'intercettazione automatica in mancanza del consenso di apertura dato dall'azionamento della chiave di messa in moto e dalla rotazione dell'albero del motore di avviamento. Ne risultano, quindi, condizioni ben diverse da quelle esistenti all'epoca di emanazione del DM 01/02/1986 (Vedi) e che non avrebbero motivato, sotto l'aspetto tecnico, il mantenimento del previgente divieto assoluto.

Il parcamento, peraltro, è stato limitato al primo piano interrato e solo nelle autorimesse integralmente rispondenti alle disposizioni del DM 01/02/1986 (con esclusione, quindi, delle autorimesse in possesso del NOP e non adeguate per l'ottenimento del CPI).
Nell'osservare, per quanto sopra detto, che le modificazioni introdotte con DM 22/11/2002 non aggravano la severità delle conseguenze dell'incendio rispetto ad altri tipi di carburante, non va tuttavia trascurato che lo scenario incidentale determinato da un incendio all'interno di un'autorimessa interrata rimane suscettibile di comportare problematiche operative rilevanti, ancorché indipendenti dalle innovazioni di cui si argomenta. La materia, pertanto, merita la giusta attenzione in sede di espletamento dell'attività addestrativa ed informativa del personale.

Nel richiamare le disposizioni emanate sulle modalità di espletamento di detta attività, di rilevanza fondamentale nel contesto organizzativo del servizio di soccorso, si raccomanda la puntuale erudizione del personale dipendente.
In tale ottica, è stato predisposto un CD illustrativo contenente importanti informazioni tecniche, nonché le immagini di alcune prove sperimentali coinvolgenti autoveicoli alimentati sia a benzina che a G.P.L. conformi al Regolamento ECE-ONU 67/01, per i quali ultimi sono altresì fornite le istruzioni per l'identificazione.

Il CD sarà consegnato, in congruo numero di esemplari, agli Ispettorati che provvederanno alla successiva distribuzione ai Comandi.
Con separata comunicazione si provvederà a convocare un incontro presso l'I.S.A. con la partecipazione di un rappresentante per ciascun Ispettorato, al fine di fornire le istruzioni per l'utilizzo del CD.
Le Direzioni Centrali per la formazione e per l'emergenza ed il soccorso tecnico cureranno il coordinamento dei successivi adempimenti di rispettiva competenza.



Domanda:

Gentile Dott. Ing. Luigi Abate, le scrivo per avere chiarimenti riguardo le normative sulle misure antincendio in condominio.
Abito in una palazzina di 9 unita' abitative con 10 garages al piano seminterrato. Il condominio e' stato da poco costituito ed e' stata fatta un'assicurazione comprensiva di copertura antiincendio. Attualmente però non possediamo estintori. Le vorrei chiedere se siamo obbligati ad avere estintori, se dell'installazione doveva occuparsi a suo tempo l'impresa costruttrice, se dovesse succedere un incendio e non abbiamo nessuna certificazione, l'assicurazione risponde? Nel caso fossero normative regionali, a che ufficio dobbiamo rivolgerci? Le chiedo anche cortesemente se mi può indicare eventuali decreti ministeriali che mi potrebbero aiutare.

La ringrazio anticipatamente e le porgo cordiali saluti. R. P.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Cara R. presumo che il palazzo in cui tu abiti sia di modeste dimensioni (numero di piani fuori terra); la normativa per gli edifici di civile abitazione è quella sottoriportata (D.M.Interno del 16/05/1987 n.246). Se l'altezza in gronda dello stabile supera i 24 metri occore munirsi del prescritto certificato di prevenzione incendi, in caso contrario dovranno essere osservate le misure di prevenzione e protezione previste dal Dpr. sotto la responsabilità del condominio.
Certamente il garage che ospita piu' di 9 autovetture (a meno che ogni box abbia accesso diretto dall'esterno) deve osservare una specifica norma tecnica che Ti allego (D.M.Interno del 01/02/1986) oltre ad essere esercito con il possesso del certificato di prevenzione Incendi. Ti ricordo di controllare se sulla sommità del vano scala è ricavata una superficie di aereazione (anche normalmente chiusa con elementi a basso punto di fusione come la plastica) di almeno 1 mq. e qualche lampada di sicurezza ai piani…gli estintori e' bene che vengano acquistati da ogni condomino e tenuti all'interno dell'appartamento, in prossimità della porta di ingresso. Ciao.



Domanda:

un'autorimessa privata con più di 9 autoveicoli posta al piano seminterrato di un condominio è in comunicazione
con il vano scala dello stesso mediante porta REI 120 dotata di maniglione antipanico. Tale porta deve essere apribile verso l'interno dell'autorimessa oppure verso l'interno del vano scala?
La ringrazio anticipatamente e la saluto cordialmente. G.P.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Caro G. poiché la porta di comunicazione tra l'autorimessa ed il vano condominiale non può essere assimilabile ad una uscita di sicurezza il senso di apertura di questa è ininfluente. Pertanto fate aprire la porta come meglio può servirvi. Ciao.



Domanda:

E' possibile parcheggiare moto e motorini in un cortile antistante gli ingressi di due palazzi adibiti a civile abitazione, quando il predetto spazio non supera i trenta mq ed è chiuso su tre lati impedendo ogni via di fuga, dalle abitazioni, in caso di incendio di uno dei motocicli?
Grazie per la sua disponibilità. P.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Il parcheggio di motorini all'interno di un cortile può essere consentito se previsto dal regolamento condominiale. Ai fini antincendio i parcheggi all'esterno non devono dotarsi del certificato di prevenzione incendi, in quanto attività non soggette.



Domanda:

Sono mamma di un bambino di quattro mesi e abito al primo piano di un edificio senza ascensore; per evitare di trasportare la carrozzina per le scale sono solita lasciarla in un box sotto casa di mia proprietà.
In questi giorni di fronte alla porta del box sono stati sistemati dei bidoni per il pattume che rendono difficile usire con la carrozzina. Esistono norme che mi contirebbero di fare spostare altrove i bidoni? Grazie in anticipo per la risposta. G. V.


Risponde il Dott. Pasquale Labate, dipendente della Direzione Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio:

Cara G., nel quesito viene affermato che la posizione dei bidoni rende difficile l’uscita di una carrozzina, pertanto, a maggior ragione, pare di capire che sarebbe ancor più difficoltosa la manovra di un’automobile.

Al riguardo, si potrebbero prospettare due ipotesi:

a) se il box è interno ad una autorimessa, sempre con riferimento a norme tecniche di prevenzione incendi, la disposizione che consentirebbe di far spostare i bidoni sarebbe quella indicata al punto 3.6.3 del D.M. 1° febbraio 1986 recante “Norme di sicurezza antincendi per la costruzione e l’esercizio di autorimesse e simili”, secondo cui la corsia di manovra, per consentire il facile movimento dell’autoveicolo, deve avere ampiezza non inferiore a 5 m nei tratti antistanti i box;

b) se, invece, è esterno, come sembrerebbe dal quesito, non esistendo specifiche norme di prevenzione incendi, dovrebbe rivolgersi all’azienda che gestisce i rifiuti solidi urbani affinché renda agibile il passaggio, anche alla luce di un eventuale emergenza che potrebbe verificarsi in caso di sinistro.



Domanda:

Egregio Ing. Abate e Sig. Fiorillo, cerco di spiegare meglio il mio caso.
Ci sono due attività comunicanti tra loro: officina e vendita macchine agricole.
Singolarmente queste due attività non sono soggette ai controlli di prevenzione incendi.
Tuttavia mi chiedo se il fatto che esiste un socio in comune che in teoria potrebbe essere considerato come il titolare delle 2 attività, questo fa si che le stesse debbano essere considerate come un’unica attività ai fini della eventuale assoggettabilità ai controlli dei Vigili del Fuoco per il rilascio del CPI, oppure debbano essere comunque considerate separatamente?

Nel caso in questione considerando le attività come un'unica, queste potrebbero rientare nella definizione dell'attività 87 "Locali adibiti ad esposizione e/o vendita all'ingrosso o al dettaglio con superficie lorda superiore a 400 mq comprensiva dei servizi e depositi".

Le ragioni della richiesta sono le seguenti:
- Nel caso di obbligo dl richiesta del CPI per queste due attività presumo che il titolare/soci dovrebbero effettuare degli interventi abbastanza pesanti per la tipologia di struttura esistente.

- Inoltre presumo che ci sia un freno normativo a quello che potrebbe essere uno stratagemma (suddividere l'attività) per evitare problematiche relative alla richiesta del CPI.

Cordiali saluti, P. G.


Risponde il Direttore Regionale dei Vigili del Fuoco del Lazio, dott. Ing. Luigi Abate:

Caro P.

L’attività di esposizione e vendita di macchine agricole deve considerare anche l’officina, come locale annesso, qualora esista una comunicazione tra le due attività.
Qualora l’attività di esposizione e vendita si svolge in locali con superficie lorda superiore a 400 mq, comprensiva di servizi e depositi (e quindi anche dell’officina), rientra nell’attività 87 del D.M. 16.2.82 e quindi soggetta al C.P.I. e per questa valgono le norme di cui alla lettera circolare n. 75 del 3.7.67.
Nel caso in cui la superficie complessiva risulta essere inferiore al valore di cui sopra e sono presenti più di 30 autoveicoli, si dovranno rispettare comunque le norme del D.M. 1.2.86 punto 9.
Qualora non sussistano le condizioni sopra riportate, dovranno essere osservati per i luoghi di lavoro i contenuti di cui al D.M. 10.3.98.